sabato 20 aprile 2013

25 Aprile: dal 1945 in Italia si continua ancora a festeggiare una sconfitta

Proprio perché la Storia la scrivono i vincitori in Italia si continua a festeggiare dal 25 aprile 1945 una sconfitta. Ma io mi dissocio da questi festeggiamenti che ricordano solo massacri e ingiustizie. Spero solo che finalmente venga scritta la verità e non vengano più propagandate le menzogne dei vincitori, che ancora oggi muovono le fila dell'intera politica ed economia italiana. 


La stampa, come tutta la “nazione Italia” è in mano ad un potere occulto criminale, che ci dà in pasto solo una informazione mistificata. E' ora di iniziare, anche se amaramente, un'amara, ma necessaria, riflessione storica. Ecco perché riporto per intero un articolo di Paolo Deotto, che dovrebbe aiutarci a riflettere davvero sulla nostra recente storia passata.

25 APRILE. BREVI RIFLESSIONI SUGLI ASPETTI SURREALI DI UN PAESE CHE FESTEGGIA UNA SCONFITTA – Di Paolo Deotto - Premessa: in questo articolo sono citati in colore blu i nomi di diversi Autori. Cliccando su di essi verrete rimandati ai loro articoli, o a recensioni dei loro libri.
nella ferocia non c’è nulla di onorevole. Solo odio e barbarie
I corpi di Mussolini, che era stato ucciso a Giulino di Mezzegra il 28 aprile 1945, di Claretta Petacci e di altri esponenti della Repubblica Sociale Italiana, arrivati a Milano la sera stessa, vennero esposti in piazzale Loreto verso le 3 della notte.

Poche parole sull’ennesima stanca liturgia del 25 aprile. Due motivi spingono a parlarne ancora: un minimo di rispetto per la verità storica, perché un popolo che non conosce il proprio passato, o al quale questo passato è nascosto e falsificato, è un popolo senza futuro; e inoltre l’aver letto che anche oggi, 25 aprile 2012, non è mancato chi ha fatto polemiche perché qualcuno ha commesso il “crimine” di commemorare anche i caduti della Repubblica Sociale Italiana.
L’argomento della guerra civile merita ben più pagine, e penne ben più capaci della mia. Il mio modesto passato di storico mi consente però alcune precisazioni, che ritengo siano dovute, perché la falsificazione è già negativa in sé stessa, ma se serve a perpetuare l’odio e la confusione tra bene e male diviene, oltre che negativa, anche criminale.
Le precisazioni.
L’Italia uscì sconfitta dalla seconda guerra mondiale. Sembra una banalità, tutti lo sappiamo, ma invece è necessario ricordarlo, perché in genere si “festeggia” una vittoria. Inoltre, non scordiamoci neanche questo, l’Italia conobbe due anni di guerra fratricida, la guerra civile che insanguinò il Paese dalla fine del 1943 fino a una data che è difficile fissare, perché ancora nei primi anni 50 si consumarono crimini legati al clima di odio scatenato nel periodo che si è voluto consegnare alla Storia col nome di “resistenza”.
Altra precisazione utile: l’Italia fu liberata dai tedeschi grazie all’intervento delle truppe alleate (vedi: PAOLO GRANZOTTO, “Non i partigiani, ma gli americani ci liberarono”). Si vuole maliziosamente scordare il dibattito che si sviluppò sull’opportunità di una resistenza “passiva” al fascismo e ai tedeschi, e non aggressiva, come vollero e imposero comunisti e azionisti, e che peraltro non fu influente dal punto di vista militare. Nel primo caso si sarebbe evitato proprio di scavare quel solco di odio che invece da decenni avvelena la vita civile italiana. Al proposito, vedi “Fu vera gloria?”, intervista ad AUGUSTO DEL NOCE.
Inoltre: le bande partigiane nacquero principalmente dalle formazioni militari sbandate dopo l’8 settembre 1943, lasciate senza ordini dal Re e dal governo Badoglio, fuggiti a Brindisi per sottrarsi ai tedeschi. La vulgata però ci ha sempre fornito una versione distorta, di una “resistenza” come “spontaneo moto popolare” con la guida principale del Partito Comunista. Le formazioni comuniste (Brigate Garibaldi e GAP) condussero una guerra loro propria, che aveva finalità di egemonia politica e di sovietizzazione dell’Italia, come dimostrato dalle numerose azioni condotte non solo senza il consenso del CLN, ma anche contro formazioni partigiane non comuniste. Le azioni terroristiche dei GAP ebbero poi l’effetto di scatenare rappresaglie tedesche (più raramente fasciste) e di imporre così alle popolazioni civili ulteriori sofferenze e lutti.
Poiché però ogni anno dobbiamo assistere alla monopolizzazione delle “celebrazioni” del 25 aprile da parte dell’ANPI, associazione di ispirazione comunista, che pretende di rilasciare patenti di dignità politica, con giudizio insindacabile, sarà bene ricordare solo alcuni dei crimini comunisti che insanguinarono l’Italia in quel periodo sciagurato, che non ebbero alcun valore militare, ma che servirono solo a seminare odio, dolore e morte.
Da quale pulpito viene dunque la predica?
Ecco un breve e incompleto elenco:
Strage di Porzus:   7 febbraio 1945, mercoledì, alle 14.30. Nelle malghe di Porzus, due casolari sopra Attimis, in provincia di Udine, ha sede il comando Gruppo brigate est della divisione Osoppo, formata dai cosiddetti “fazzoletti verdi” della Resistenza, partigiani cattolici, azionisti e indipendenti. Giungono in zona cento partigiani comunisti, agli ordini di Mario Toffanin (nome di battaglia Giacca) sotto le false spoglie di sbandati in cerca di rifugio dopo uno scontro con i nazifascisti. In realtà, è una trappola: alla malga vengono uccisi il comandante della Osoppo, Francesco De Gregori (nome di battaglia Bolla), il commissario politico Enea, al secolo Gastone Valente, una giovane donna sospettata di essere una spia, Elda Turchetti e un giovane, Giovanni Comin, che si trovava a Porzus perché aveva chiesto di essere arruolato nella Osoppo. Il capitano Aldo Bricco, che si trovava alle malghe perché doveva sostituire Bolla, riesce a fuggire e salva la vita perché i suoi inseguitori, dopo averlo colpito con alcune raffiche di mitra, lo credono morto.
Altri venti partigiani osovani vengono catturati e condotti prima a Spessa di Cividale e poi nella zona del Bosco Romagno, sopra Ronchi di Spessa, una ventina di chilometri più a valle. Due dei prigionieri si dichiarano disposti a passare tra i garibaldini. Gli altri saranno tutti uccisi e sbrigativamente sotterrati tra il 10 e il 18 febbraio…   per continuare, clicca qui
Ricordiamo solo che il principale responsabile della strage, Mario Toffanin (“Giacca”), fu condannato all’ergastolo; si rifugiò nell’allora ospitale Jugoslavia. Fu graziato da Pertini, suo correligionario. Le ragioni della grazia non furono mai chiarite.
Assassinio di Giovanni Gentile: filosofo, presidente dell’Accademia d’Italia, 69 anni, uomo pacifico e mite. La sua principale “colpa”? Gli inviti alla riconciliazione nazionale, fatti con insistenza nell’insanguinato periodo della guerra civile. Assassinato a Firenze il 15 aprile 1944 dal comunista Bruno Fanciullacci. Per altri dettagli, clicca qui

L'attentato di via Rasella fu un'azione partigiana condotta il 23 marzo 1944 a Roma dai Gruppi di Azione Patriottica contro un reparto delle truppe di occupazione tedesche, l'SS-Polizei-Regiment "Bozen" (reggimento di polizia delle SS "Bolzano")


Strage di via Rasella:  23 marzo 1944 a Roma, in via Rasella, i comunisti Rosario Bentivegna e Carla Capponi fanno esplodere una bomba al tritolo al passaggio di una colonna di soldati tedeschi dei reggimenti di polizia sudtirolese. Non erano truppa combattente, non erano SS, non erano volontari, checché ne dica la falsificazione targata ANPI. A questo proposito leggi le illuminanti spiegazioni dello storico LORENZO BARATTER e gli articoli diPIERANGELO MAURIZIO e di PIERANGELO GIOVANNETTI.  Nell’attentato trovarono la morte 33 soldati tedeschi e diversi civili italiani, tra cui un ragazzo di tredici anni. La rappresaglia tedesca si scatenò e alle Fosse Ardeatine furono uccisi 335 prigionieri prelevati dalle carceri romane. Curiosamente diversi di questi erano partigiani non comunisti, e questo fatto ha reso legittimi i non pochi sospetti sulle vere ragioni che spinsero i comunisti al crimine. I due criminali, Bentivegna e Capponi, si guardarono bene dal consegnarsi alle autorità tedesche, e lasciarono trucidare gli innocenti ostaggi. È risibile la scusa sul fatto che, pare, i tedeschi non avessero affisso manifesti per minacciare la rappresaglia, quando era ben noto questo loro feroce modus agendi.
Centotrenta preti uccisi, dal 7 agosto 1941 al 4 febbraio 1951. Ben noto il mandante, tanti i killer. Vedi al proposito il libro di ROBERTO BERETTA, “Storia dei preti uccisi dai artigiani”, edito da Piemme nel 2005.
L’uccisione di Mussolini e di Claretta Petacci. Perché uccidere anche una donna, colpevole solo del suo amore per il Duce?  E perché uccidere il Duce, che doveva, secondo gli accordi, essere consegnato agli Alleati? E perché compiere la strage sul lungolago di Dongo? Non era certo estraneo a tutti questi crimini il tesoro di Dongo, del valore stimato di circa 600 milioni di attuali euro, che sparì “nel nulla” dopo essere arrivato in mani comuniste. Sparirono anche una decina di persone, per la maggior parte partigiani, che volevano sapere la verità sulla fine del mitico “Oro di Dongo”. Questa truce vicenda viene approfondita nel libro di LUCIANO GARIBALDI e FRANCO SERVELLO.
E poi… Vi ricordate di Alfa Giubelli, la bambina di dieci anni, che dovette assistere alla fucilazione della mamma, eseguita da partigiani comunisti?  Ce ne parla MARIO CERVI.
Oppure ricordate Alfredo Pizzoni, banchiere milanese, apolitico, antifascista, presidente del CLNAI, che grazie al suo prestigio personale ottenne dagli inglesi armi e finanziamenti per i partigiani? Cancellato dalla Storia, e sostituito frettolosamente alla vigilia del 25 aprile con Ferruccio Parri. Ce ne parla TOMMASO PIFFER, in un libro pubblicato da Mondadori nel 2005.
E finiamo qui. Perché questo elenco? Per un motivo molto semplice. La guerra civile è stato un periodo di ferocia e di sangue, e l’insaziabile sete di violenza, tipica dell’ideologia comunista, non solo ne ha voluto fare un periodo di gloria, ma vuole anche perpetuare questo odio. Abbiamo voluto ricordare alcune vergognose pagine di crimini comunisti solo perché è vergognoso che da parte dei comunisti e dei loro stanchi e confusi epigoni si voglia continuare questa cerimonia annuale di esaltazione dell’odio.
Se l’Italia non ritroverà la concordia, se non si saprà passare sul passato la benefica pulizia della misericordia e del perdono reciproco, ricordandosi finalmente dei precetti cristiani, i soli che possono costruire una convivenza civile degna di questo nome, quali speranze potrà ancora avere questo povero Paese già allo sfascio?
A quando la fine dell’apologia dell’odio, che rende così obnubilati da festeggiare una sconfitta?