giovedì 18 giugno 2015

Joseph Paul Goebbels, Discorso della guerra totale, Berlino, 18 febbraio 1943

Soltanto tre settimane or sono ero qui per leggere la dichiarazione del Führer per il 10° anniversario della presa del potere e per parlare a voi e al popolo tedesco. La crisi che ora stiamo affrontando sul Fronte Orientale era al proprio apice. Nel pieno della gravi sventure che la Nazione affrontava nella battaglia sul Volga, ci siamo raccolti in un raduno di massa, il 30 gennaio, per mostrare la nostra unità, la nostra unanimità e la nostra ferma volontà di vincere le difficoltà che fronteggiavamo nel quarto anno di guerra. Fu per me un’esperienza commovente e probabilmente lo fu per tutti voi, essere collegati via radio con gli ultimi, eroici combattenti a Stalingrado durante il nostro possente raduno, qui allo Sportpalast. Essi ci comunicarono che avevano ascoltato il proclama del Führer e forse per l’ultima volta nella vita si univano a noi con le braccia tese per intonare gli inni nazionali. Quale esempio hanno rappresentato i soldati tedeschi in questa grande epoca! E che obblighi ciò impone a noi tutti, in particolare all’intera madrepatria tedesca! Stalingrado è stata ed è il grande monito del destino alla Nazione tedesca! 

 Joseph Paul Goebbels 
Una Nazione che ha la forza di sopravvivere ad un tale disastro e vincere, ed in più trarne forza ulteriore, è imbattibile. Nel mio discorso a voi e al popolo tedesco io ricorderò gli eroi di Stalingrado, che hanno lasciato a me e a voi tutti un immenso dovere da compiere. Io non so quanti milioni di persone mi stanno ascoltando stanotte alla radio, a casa e al fronte. Voglio parlare a tutti voi dal profondo del mio cuore ai vostri cuori. Io credo che l’intero popolo tedesco abbia un appassionato interesse per ciò che ho da dire stanotte. Perciò parlerò con sacra serietà e franchezza, come il momento esige. Il popolo tedesco, risvegliato, istruito e disciplinato dal Nazionalsocialismo, può sopportare tutta la verità. Esso è conscio della serietà della situazione e la sua leadership perciò può chiedergli le dure misure necessarie; sì! perfino i provvedimenti più energici. Noi tedeschi siamo agguerriti contro la debolezza e l’indecisione. I colpi e le sventure della guerra ci danno solo una forza maggiore, una risoluta determinazione e una volontà spirituale di combattere per vincere tutte le difficoltà e gli ostacoli con impeto rivoluzionario. Questo non è il momento di chiedersi come tutto ciò sia accaduto. Ciò può attendere un altro momento, quando il popolo tedesco e il mondo intero apprenderanno la verità intera sulla sfortuna delle ultime settimane, sul suo profondo e fatale significato. Gli eroici sacrifici d’eroismo dei nostri soldati a Stalingrado hanno avuto un vasto, storico significato per l’intero Fronte Orientale. Non è stato invano. Il futuro chiarirà perché. Se salto il passato per guardare avanti lo faccio intenzionalmente. Il tempo è scarso! Non ne abbiamo per dibattiti inutili. Dobbiamo agire, immediatamente, approfonditamente e con decisione, alla maniera Nazionalsocialista di sempre. Il movimento, fin dagli inizi, ha operato in questo modo per dominare le molte crisi che affrontava e vincere. Anche lo Stato Nazionalsocialista agiva con decisione quando era di fronte ad una minaccia. 

Noi non siamo come lo struzzo che caccia la testa nella sabbia per non vedere il pericolo. Siamo sufficientemente coraggiosi per guardare in faccia il pericolo, per prendere provvedimenti con freddezza e durezza e quindi agire con decisione ed a testa alta. Sia come movimento che come Nazione, abbiamo risposto al meglio quando avevamo bisogno di volontà fanatiche e determinate a vincere ed eliminare il pericolo, oppure di forza di carattere sufficiente a sopraffare ogni ostacolo, o d’accanita determinazione per raggiungere il nostro scopo, o d’un cuore d’acciaio in grado di sostenere qualunque battaglia interna e esterna. Così sarà ora. Il mio compito è di esporvi un’immagine cruda della situazione e di trarre le durre conclusioni che guideranno le azioni del governo tedesco, come del popolo tedesco. Noi stiamo affrontando una grave sfida militare ad Est. La crisi, al momento, è ampia, simile per molti versi ma non identica a quella dell’inverno scorso. Più avanti ne discuteremo le cause. Adesso dobbiamo accettare le cose come sono e scoprire e applicare i modi, e impiegare i mezzi per svolgere le cose di nuovo a nostro favore. Non ha senso mettere in discussione la serietà della situazione. Io non voglio darvi una falsa impressione della situazione che potrebbe condurre a conclusioni altrettanto ingannevoli, magari dando al popolo tedesco una falso senso di sicurezza che è del tutto fuori luogo nella situazione attuale. 

Adolf Hitler e Joseph Paul Goebbels
La tempesta che infuria dalle steppe contro il nostro venerabile continente, quest’inverno sovrasta tutte le precedenti esperienze umane e storiche. L’esercito tedesco ed i suoi alleati sono l’unica difesa possibile. Nel suo proclama del 30 gennaio il Führer ha chiesto in un modo solenne e irresistibile cosa sarebbe divenuta la Germania e l’Europa se, il 30 gennaio del 1933, fosse andato al potere un governo borghese e democratico invece dei Nazionalsocialisti! Quali pericoli ne sarebbero derivati, più rapidamente di quanto avessimo potuto sospettare, e quali capacità difensive avremmo avuto per affrontarli? Dieci anni di Nazionalsocialismo sono stati sufficienti a rendere evidente al popolo tedesco la serietà del pericolo rappresentato dal bolscevismo all’Est. Ora si può comprendere perché noi parlavamo così di frequente della lotta contro il bolscevismo ai nostri raduni di Norimberga. Alzavamo le nostre voci per mettere in guardia il popolo tedesco e il mondo, sperando di risvegliare i popoli d’Occidente dalla paralisi della volontà e dello spirito in cui erano precipitati. Abbiamo provato ad aprir loro gli occhi sul pericolo orrendo del bolscevismo orientale, che ha assoggettato una nazione di quasi 200 milioni di persone al terrore degli ebrei e che stava preparando una guerra d’aggressione contro l’Europa. Quando il Führer ordinò all’esercito l’attacco ad Est il 22 giugno 1941, noi tutti sapevamo che questa sarebbe stata la battaglia decisiva della nostra grande lotta. Conoscevamo i pericoli e le difficoltà. Ma sapevamo anche che i pericoli e le difficoltà sarebbero cresciuti col tempo e non diminuiti. Mancavano due minuti a mezzanotte. Attendere ancora avrebbe senz’altro condotto alla distruzione del Reich ed alla bolscevizzazione totale del continente europeo. E’ comprensibile che, come risultato delle vaste azioni fuorvianti e di occultamento del governo bolscevico, noi non abbiamo valutato in modo adeguato il potenziale bellico dell’Unione Sovietica. Soltanto adesso ci rendiamo conto della sua dimensione reale. Questo è il motivo per cui la battaglia che affrontano i nostri soldati ad Est oltrepassa per durezza, pericoli e difficoltà ogni umana immaginazione. Essa richiede la nostra completa potenza nazionale. Questa è una minaccia per il Reich e per il continente europeo che getta nell’ombra ogni pericolo precedente. Se falliamo, noi avremo fallito la nostra missione storica. Tutto ciò che abbiamo costruito e realizzato nel passato impallidisce di fronte a questo compito gigantesco che affrontano direttamente l’esercito tedesco e meno direttamente il popolo tedesco. Io parlo innanzitutto al mondo e proclamo tre tesi per quanto riguarda la nostra lotta contro il pericolo bolscevico all’Est. La prima: se l’esercito tedesco non fosse in condizione di stroncare il pericolo dall’Est, il Reich cadrebbe preda del bolscevismo e tutta l’Europa lo seguirebbe in poco tempo. La seconda: soltanto l’esercito tedesco, il popolo tedesco e i loro alleati hanno la forza di salvare l’Europa da questa minaccia. La terza: il pericolo incombe. Dobbiamo agire rapidamente e con decisione oppure sarà troppo tardi. Torno alla prima tesi. Il bolscevismo ha sempre dichiarato apertamente la propria meta: provocare la rivoluzione non soltanto in Europa ma nel mondo intero e precipitarlo nel caos bolscevico. Questa meta è stata evidente fin dalla nascita dell’Unione Sovietica bolscevica ed è stato il fine ideologico e pratico della politica del Cremlino. Evidentemente più Stalin e gli altri capi sovietici ritengono di essere prossimi a realizzare i loro obiettivi di distruzione del mondo più tentano di celarli e nasconderli. Non possiamo farci ingannare. Noi non siamo come quegli animi timidi che attendono, come fa il coniglio ipnotizzato finché il serpente non lo divora. Noi preferiamo riconoscere il pericolo in tempo e compiere un’azione efficace. Noi vediamo attraverso non solo l’ideologia del bolscevismo, ma anche attraverso la sua azione; per questo, con esso, abbiamo ottenuto grandi successi nelle lotte nazionali. Il Cremlino non può ingannarci. Abbiamo al nostro attivo quattordici anni di lotte per il potere e i dieci anni successivi, per smascherare le sue intenzioni e i suoi inganni infami. La meta del bolscevismo è la rivoluzione mondiale ebraica. Essi vogliono portare il caos nel Reich e in Europa, utilizzando la disperazione conseguente per instaurare la loro tirannia capitalista internazionale, mascherata di bolscevismo. Non c’è bisogno che vi dica cosa ciò rappresenterebbe per il popolo tedesco. La bolscevizzazione del Reich sarebbe la liquidazione della nostra intera intellighenzia e della Führung e la caduta dei nostri lavoratori nella schiavitù giudaico-bolscevica. A Mosca loro trovano operai per i battaglioni di lavori forzati nella tundra siberiana, come ha detto il Führer nel suo proclama del 30 gennaio. La rivolta delle steppe si sta preparando al fronte, e la tempesta dall’Est che ogni giorno irrompe contro le nostre linee con forza crescente non è altro che una ripetizione della devastazione storica che tanto spesso, in passato, ha messo in pericolo la nostra parte del mondo. Quella è una minaccia diretta all’esistenza di ogni potenza europea. Nessuno pensi che il bolscevismo si fermerebbe ai confini del Reich, se riuscisse vittorioso. La meta della sua politica aggressiva e delle sue guerre è la bolscevizzazione di tutte le terre e tutti i popoli al mondo. A dispetto di queste intenzioni innegabili, noi non ci facciamo impressionare dalle dichiarazioni scritte del Cremlino o dalle garanzie di Londra e Washington. Noi sappiamo che ad Est stiamo affrontando una crudeltà politica infernale che non ammette le norme che governano le relazioni fra i popoli e le nazioni. Quando, per esempio, l’inglese Lord Beaverbrook sostiene che l’Europa dev’essere lasciata in mani sovietiche, o quando il principale giornalista ebreo americano, Brown, aggiunge cinicamente che la bolscevizzazione dell’Europa potrebbe risolvere tutti i problemi del continente, noi sappiamo cosa essi hanno in mente. Le potenze europee stanno fronteggiando il problema più critico. 

  Joseph Paul Goebbels, 18 febbraio 1943
L’Occidente è in pericolo. E non fa alcuna differenza se i governi e gli intellettuali se ne rendono conto oppure no. Il popolo tedesco, in ogni caso, non vuole rassegnarsi a questo pericolo. Dietro le divisioni sovietiche che avanzano verso di noi vediamo i commando ebraici liquidatori e dietro di loro il terrore, lo spettro della fame di massa e della totale anarchia. L’ebraismo internazionale è il fermento diabolico della decomposizione che prova una cinica soddisfazione nel trascinare il mondo nel caos più profondo e nel distruggere antiche culture nella cui edificazione non ha avuto ruolo alcuno. Noi sappiamo anche qual è la nostra responsabilità storica. Duemila anni di civiltà occidentale sono in pericolo. Non si può sopravvalutare il pericolo. È indicativo che quando lo si smaschera per ciò che è veramente, il giudaismo internazionale protesta a gran voce in tutto il mondo. Le cose sono andate così lontano in Europa che non si può definire il pericolo come tale quand’esso è provocato dagli ebrei. Ciò non ci fermerà dal trarre le necessarie conclusioni. Questo è quanto abbiamo fatto nelle nostre prime lotte in Germania. Gli ebrei democratici del Berliner Tageblatt e del Vossischen Zeitung servivano gli ebrei comunisti minimizzando e sottovalutando un pericolo crescente, cullando nel sonno il nostro popolo minacciato e riducendo la sua capacità di resistenza. Noi vedremo, se il pericolo non sarà sopraffatto, lo spettro della fame, la sofferenza ed il lavoro forzato per milioni di tedeschi. Vedremo crollare la nostra veneranda parte del mondo e seppellire fra le rovine l’antica eredità d’Occidente. Questo è il pericolo che affrontiamo oggi. La mia seconda tesi: soltanto il Reich tedesco ed i suoi alleati sono in grado di resistere a questo pericolo. Le nazioni europee, compresa l’Inghilterra, ritengono di essere forti abbastanza da resistere con efficacia alla bolscevizzazione dell’Europa, se vi si dovesse giungere. Questa convinzione è puerile e neppure meritevole di essere confutata. Se neanche il più forte corpo militare al mondo è in grado di spezzare la minaccia del bolscevismo, chi altro potrebbe farlo? (lo Sportpalast grida: “Nessuno!”). Le nazioni europee neutrali non hanno né il potenziale né i mezzi militari né la forza spirituale per opporre neppure la più piccola resistenza al bolscevismo. Le divisioni bolsceviche, che agiscono come automi, le rovescerebbero in pochi giorni. Nelle capitali degli stati europei medi e più piccoli si consolano con l’idea che bisogna essere armati spiritualmente contro il bolscevismo (risate). Questo ci rammenta le dichiarazioni dei partiti borghesi nel 1932, che pensavano di poter combattere e vincere la battaglia contro il comunismo con le armi spirituali. Cosa fin troppo stupida per valere la pena di una confutazione. Il bolscevismo orientale non è solo una dottrina terroristica, è anche una pratica terroristica. Esso si batte per i propri fini con precisione infernale, utilizzando ogni risorsa a sua disposizione, a dispetto del benessere, della prosperità o della pace dei popoli che opprime implacabilmente. Cosa farebbero l’Inghilterra e l’America se, nel peggiore dei casi, l’Europa cadesse in mani bolsceviche? Forse Londra convincerebbe i bolscevichi a fermarsi sul Canale della Manica? Ho già detto che il bolscevismo ha le proprie legioni straniere sotto forma dei partiti comunisti in ogni nazione democratica. Nessuno di questi stati può ritenersi immune dal bolscevismo interno. In una recente elezione suppletiva per la Camera dei Comuni, un candidato indipendente, cioè un comunista, ha ottenuto 10.741 dei 22.371 voti espressi. E’ accaduto in un distretto che, in altri tempi, era stato una roccaforte conservatrice. In poco tempo 10.000 votanti, quasi la metà, sono stati perduti a favore dei comunisti. Questa è la prova che il pericolo bolscevico esiste anche in Inghilterra e che non scomparirà semplicemente perché lo si ignora. Noi non riponiamo alcuna fiducia in nessuna delle promesse territoriali che possa fare l’Unione Sovietica. Il bolscevismo fissa dei confini sia ideologici che militari che mettono in pericolo ogni nazione. Il mondo non ha altra scelta che precipitare di nuovo nella sua vecchia frammentazione o accettare un ordine nuovo per l’Europa sotto la guida dell’Asse. L’unica alternativa, oggi, è tra vivere sotto la protezione dell’Asse oppure in un’Europa bolscevica. Sono fermamente convinto che i lamentosi lord e gli arcivescovi di Londra non hanno la benché minima intenzione di resistere al pericolo bolscevico che deriverebbe dall’entrata in Europa dell’esercito sovietico. Gli ebrei hanno infettato così profondamente gli stati anglosassoni, sia spiritualmente che politicamente, che essi non posseggono più la capacità di vedere il pericolo. Esso si maschera da Bolscevismo in Unione Sovietica e da capitalismo plutocratico negli stati anglo-sassoni. La razza ebraica è pratica d’imitazioni. Loro mettono a dormire i popoli che li ospitano, paralizzando le loro capacità difensive. Il nostro intuito su questa questione ci ha condotto presto alla consapevolezza che la cooperazione fra la plutocrazia ed il bolscevismo internazionale non era una contraddizione bensì il segno di profonde comunioni d’interessi. La mano degli ebrei pseudo-civilizzati dell’Europa occidentale stringe quella degli ebrei dei ghetti orientali sulla Germania. L’Europa si trova in pericolo mortale. Non mi compiaccio di credere che le mie osservazioni influenzeranno l’opinione pubblica degli stati neutrali, men che meno quella degli stati nemici. Questo non è né il mio fine né la mia intenzione. So che, dati i nostri problemi sul Fronte dell’Est, domani la stampa inglese mi attaccherà furiosamente con l’accusa di aver sondato il terreno per la pace (risate). Non è affatto così. Nessuno in Germania pensa più ad un vile compromesso. Il popolo tutto pensa soltanto ad uno strenuo combattimento. Come portavoce della nazione che guida il continente, tuttavia, rivendico il diritto di chiamare pericolo il pericolo sia che esso minacci oppure no non soltanto la nostra terra ma l’intero continente. 

Noi Nazionalsocialisti abbiamo il dovere di dare l’allarme contro il tentativo dell’Internazionale ebraica di sprofondare nel caos il continente europeo e di ammonire che gli ebrei hanno nel bolscevismo una potenza militare terroristica il cui pericolo non può essere sottovalutato. La mia terza tesi è che il pericolo è immediato. La paralisi delle democrazie europee occidentali già prima di questa minaccia mortale era spaventosa. L’ebraismo internazionale sta facendo di tutto per favorire questa paralisi. Durante la nostra lotta per il potere in Germania, i giornali ebraici cercavano di nascondere il pericolo finché il Nazionalsocialismo non ha risvegliato il popolo. Oggi accade lo stesso nelle altre nazioni. Gli ebrei ancora una volta si rivelano come l’incarnazione del male, come l’artificioso demone della decadenza e i portatori di un caos internazionale distruttore di culture. Questo spiega, a proposito, la nostra coerente politica ebraica. Noi vediamo gli ebrei come una minaccia diretta per ogni nazione. A noi non importa cosa facciano gli altri popoli per questo pericolo. Ciò che facciamo per difenderci è affar nostro, comunque, e non tolleriamo obiezioni da altri. Gli ebrei rappresentano un’infezione contagiosa. Le nazioni nemiche possono sollevare ipocrite proteste contro le nostre misure contro gli ebrei e piangere lacrime di coccodrillo, ma non ci impediranno di fare ciò che è necessario. La Germania, in ogni caso, non ha intenzione di rassegnarsi a questa minaccia, bensì intende prendere i provvedimenti più radicali, se necessari, finché è in tempo. Le sfide militari del Reich ad Est sono al centro di ogni cosa. La guerra dei robot meccanizzati contro la Germania e l’Europa ha raggiunto il culmine. Nel resistere a questa grave minaccia diretta il popolo tedesco ed i suoi alleati dell’Asse stanno adempiendo, nel senso più autentico del termine, una missione europea. La nostra battaglia, coraggiosa e giusta, contro questo flagello universale non sarà impedita dai clamori mondiali dell’ebraismo internazionale. Essa può e deve terminare soltanto con la vittoria. La tragica battaglia di Stalingrado è un simbolo dell’eroica, virile resistenza alla rivolta delle steppe. Essa, per il popolo tedesco, ha un significato non soltanto militare, ma anche intellettuale e spirituale. Là i nostri occhi sono stati aperti sulla vera natura della guerra. Noi non vogliamo ulteriori false speranze e illusioni. Vogliamo guardare coraggiosamente in faccia i fatti, per quanto duri e spaventosi possano essere. La storia del nostro Partito e del nostro Stato prova che un pericolo riconosciuto è un pericolo sconfitto. Le nostre dure battaglie future ad Est saranno nel segno di questa resistenza eroica. Ciò richiederà prima sforzi inauditi da parte dei nostri soldati e delle nostre armi. Ad Est infuria una guerra spietata. Il Führer aveva ragione quando dichiarò che alla fine non vi saranno né vincitori né vinti, bensì la vita o la morte. La Nazione tedesca lo sa. I suoi salutari istinti l’hanno guidata attraverso l’odierna confusione delle difficoltà intellettuali e spirituali. Oggi sappiamo che la Blitzkrieg in Polonia e la Campagna in Occidente hanno solo limitato il senso della battaglia ad Est. La Nazione tedesca sta combattendo per tutto ciò che ha. Sappiamo che il popolo tedesco sta difendendo i suoi beni più sacri: le proprie famiglie, donne e bambini, la campagna magnifica e intatta, le proprie città e i villaggi, i duemila anni della propria cultura, tutto ciò che rende la vita davvero degna. Il bolscevismo naturalmente non ha il minimo rispetto per i nostri tesori nazionali e non presterebbe loro alcuna attenzione qualora se ne appropriasse. Non l’ha fatto neppure per il proprio popolo. L’Unione Sovietica negli ultimi 25 anni ha accresciuto il proprio potenziale militare ad un livello inimmaginabile e noi lo abbiamo valutato erroneamente. In Russia i terroristi ebrei hanno 200 milioni di persone che li servono. Essi hanno usato con cinismo i propri sistemi per far nascere dall’imperturbabile durezza del popolo russo un serio pericolo per le nazioni civili europee. All’Est una nazione intera è stata spinta in guerra. Uomini, donne e perfino bambini vengono impiegati non soltanto nelle fabbriche d’armi ma nelle battaglie. Duecento milioni che vivono nel terrore della GPU, in parte prigionieri di una visione del mondo infernale, in parte di una stupidità assoluta. 

 Palazzo dello Sport, Berlino 18 febbraio 1943: discorso di Joseph Paul Goebbels 
Le masse di carri armati che abbiamo affrontato ad Est sono il risultato di 25 anni di sventura sociale e sofferenza del popolo bolscevico. Noi dobbiamo rispondere con misure analoghe se non vogliamo rinunciare e darci per vinti. La mia ferma convinzione è che non possiamo vincere il pericolo bolscevico se non usiamo metodi equivalenti, anche se non identici. Il popolo tedesco ha di fronte la domanda più grave della guerra, vale a dire trovare la determinazione d’usare tutte le nostre risorse per proteggere tutto quanto abbiamo e tutto ciò di cui avremo bisogno in futuro. L’esigenza del momento è la guerra totale. Dobbiamo metter fine all’atteggiamento borghese che abbiamo visto anche in questa guerra: Lavami la schiena, ma non bagnarmi! (Ogni frase viene accolta con applausi crescenti ed approvazioni). Il pericolo che ci è di fronte è enorme. Gli sforzi da fare per affrontarlo lo devono essere altrettanto. E’ venuto il momento di toglierci i guanti di velluto e usare i pugni. (Si levano grida di assenso. I canti, provenienti dalle gallerie e dalla platea testimoniano la piena approvazione della folla). Non possiamo più fare un uso parziale e negligente del potenziale bellico in patria e in aree significative d’Europa che controlliamo. Dobbiamo utilizzare appieno le nostre risorse, tanto più rapidamente ed accuratamente quanto organizzativamente e praticamente possibile. Le preoccupazioni superflue sono del tutto fuori luogo. Il futuro dell’Europa è condizionato dal nostro successo ad Est. Noi siamo pronti a difenderlo. Il popolo tedesco sta versando il proprio sangue più prezioso in questa battaglia. Il resto d’Europa dovrebbe lavorare almeno per sostenerci. In Europa vi sono molte voci serie che già se ne sono rese conto. Altri ancora resistono. Ciò non può avere influenza su di noi. Se il pericolo fosse di fronte solo a loro, potremmo considerare la loro riluttanza come una assurdità letteraria senza senso. Ma il pericolo ci minaccia tutti e noi tutti dobbiamo fare ciascuno la propria parte. Coloro che oggi non capiscono, domani ci ringrazieranno in ginocchio per esserci assunti questo compito con coraggio e fermezza. Non ci preoccupa affatto che i nostri nemici, all’estero, pretendano che i nostri provvedimenti di guerra totale ricordano quelli del bolscevismo. Con ipocrisia sostengono che ciò significa che non c’è alcun bisogno di combattere il bolscevismo. Qui non è una questione di metodo ma di meta, cioè di eliminare il pericolo. (applausi). La questione non è se i metodi sono buoni o cattivi, ma se hanno successo. Il Governo Nazionalsocialista è pronto ad usare qualsiasi mezzo. Non c’importa se qualcuno obietta. Non vogliamo indebolire il potenziale bellico della Germania con provvedimenti che mantengano un livello di vita alto, quasi da tempo di pace, per una certa classe, mettendo in tal modo in pericolo il nostro sforzo bellico. Noi stiamo volontariamente rinunciando ad una parte significativa del nostro livello di vita per aumentare lo sforzo bellico più rapidamente e completamente possibile. Ciò non è fine a se stesso, piuttosto un mezzo per raggiungere un fine. Il nostro livello di vita sociale sarà perfino più elevato dopo la guerra. Noi non abbiamo bisogno di imitare i metodi bolscevichi, poiché noi abbiamo un popolo e capi migliori, cosa che ci dà un grande vantaggio. Ma le cose hanno dimostrato che dobbiamo fare molto di più di quanto abbiamo fatto finora per volgere decisamente a nostro favore la guerra nell’Est. Come hanno dimostrato innumerevoli lettere dall’interno e dal fronte, a questo proposito, l’intero popolo tedesco è d’accordo. Ognuno sa che se perdiamo, tutto sarà distrutto. Il popolo e i suoi capi sono determinati a prendere le misure più radicali. 

Le grandi masse lavoratrici del nostro popolo non sono infelici perché il Governo è troppo duro. Caso mai lo sono perché è troppo rispettoso. Chiedete a chiunque in Germania e vi dirà: Ciò che è più radicale lo è quanto basta e ciò che è totale lo è a sufficienza per ottenere la vittoria. Lo sforzo totale di guerra è divenuto una questione riguardante l’intero popolo tedesco. Nessuno ha scusanti per ignorare le sue esigenze. Un applauso tempestoso ha salutato, il 30 gennaio scorso, il mio appello alla guerra totale. Posso perciò assicurarvi che i provvedimenti della leadership sono in pieno accordo coi desideri del popolo tedesco sia in patria che al fronte. Il popolo vuole portare qualsiasi peso, anche il più grande, fare qualsiasi sacrificio, se ciò conduce alla grande meta della vittoria. (Intenso applauso). Ciò naturalmente presuppone che i fardelli siano equamente suddivisi. (Forti approvazioni). Noi non possiamo tollerare una situazione in cui la maggior parte del popolo sopporta il peso della guerra, mentre una piccola e passiva porzione di esso tenta di sfuggire ai propri fardelli e alle responsabilità. Le misure che abbiamo preso, e quelle che ancora prenderemo, saranno caratterizzate dallo spirito della giustizia Nazionalsocialista. Noi non badiamo alla classe o al rango. Ricco o povero, alto o basso devono dividere egualmente i sacrifici. Ognuno, in questo grave momento, deve compiere il proprio dovere, o per scelta o altrimenti. Noi sappiamo che ciò ha il pieno appoggio del popolo. Piuttosto che fare troppo poco per ottenere la vittoria faremo addirittura troppo. Nessuna guerra nella storia è stata perduta a causa di troppi soldati o troppe armi. E’ vero però che molte sono state perse per il motivo contrario. E’ tempo di far muovere i fannulloni. Devono essere scrollati dai loro comodi agi. Non possiamo attendere che rinsaviscano da soli. Potrebbe avvenire troppo tardi. L’allarme deve echeggiare da un capo all’altro della Nazione. Milioni di braccia devono mettersi al lavoro in tutto il paese. I provvedimenti che abbiamo preso e quelli che ora prenderemo, e di cui discuterò più avanti in questo discorso, sono critici per l’intera nostra vita pubblica e privata. L’individuo dovrà fare grandi sacrifici, ma essi sono minuscoli se paragonati a quelli che dovrebbe fare se, rifiutandoli, si abbattesse su di noi il più grande disastro nazionale. E’ meglio agire al momento giusto che aspettare fin quando la malattia abbia attecchito. Non ci si può lagnare col medico o fargli causa per una ferita fisica. Egli non taglia per uccidere, bensì per salvare la vita del paziente. Lasciatemi ripetere che fra i più pesanti sacrifici che il popolo tedesco dovrà fare, il più urgente è che questi siano equamente suddivisi. Il popolo vuole così. Nessuno resiste ai più pesanti carichi della guerra. Ma il popolo si arrabbia quando pochi tentano sempre di sfuggire a questi sacrifici. Il Governo Nazionalsocialista ha il dovere sia morale che politico di opporsi a tali tentativi, se necessario con pene draconiane. Qui l’indulgenza sarebbe del tutto fuori luogo, portando in men che non si dica a confondere i sentimenti e gli atteggiamenti del popolo, il che sarebbe un serio pericolo per il morale nazionale. Siamo perciò obbligati ad adottare una serie di misure che non sono essenziali in se, per lo sforzo bellico, ma appaiono necessarie a sostenere il morale in patria e al fronte. L’ottica della guerra, cioè come le cose appaiono esteriormente, è d’importanza decisiva in questo quarto anno di guerra. In considerazione dei sacrifici sovrumani che il fronte compie ogni giorno, esso ha il diritto fondamentale di attendersi che nessuno in patria reclami il diritto d’ignorare la guerra e le sue esigenze. E ciò non lo richiede soltanto il fronte ma anche una parte schiacciante della madrepatria. Chi è attivo ha il diritto di aspettarsi che se lavora dieci o dodici o quattordici ore al giorno, un indolente non gli stia vicino ritenendolo stupido. La patria deve rimanere pura e integra nella sua interezza. Niente può turbare questa immagine. Vi sono quindi una serie di misure da tenere in considerazione nell’ottica della guerra. Abbiamo ordinato, per esempio, la chiusura dei bar e dei locali notturni. Io non posso immaginare che chi sta facendo il proprio dovere per lo sforzo bellico abbia ancora energie per rimaner fuori la notte in posti del genere. Posso solo concludere che non starebbero prendendo sul serio le proprie responsabilità. Noi abbiamo chiuso questi esercizi perché cominciavano ad offenderci e perché disturbano l’immagine della guerra. Non abbiamo nulla contro i divertimenti come quelli. Dopo la guerra seguiremo di nuovo, felicemente, la regola “Vivi e lascia vivere”. Ma durante la guerra, lo slogan deve essere “Combatti e lascia combattere!”. Abbiamo chiuso anche i ristoranti di lusso che richiedono più risorse di quanto sia ragionevole. Può essere che, occasionalmente, qualcuno pensi che, perfino in tempo di guerra, il proprio stomaco sia la cosa più importante. Non possiamo prestargli alcuna attenzione. Al fronte ognuno, dal soldato semplice al generale Feldmaresciallo, mangia alle cucine da campo. Non posso credere che sia chiedere troppo insistere che noi, in patria, prestiamo attenzione almeno alle leggi fondamentali della vita comunitaria. Potremo tornare ad essere gourmet di nuovo quando la guerra sarà finita. Adesso abbiamo cose più importanti da fare che preoccuparci dei nostri stomaci. Sono stati chiusi anche innumerevoli negozi di lusso. Spesso offendevano i compratori. Generalmente non c’era nulla da comprare, a meno che, magari, non si pagasse qui e là con burro o uova invece di danaro. A che servono dei negozi che non hanno più nulla da vendere, ma usano soltanto elettricità, riscaldamento e il lavoro delle persone che è insufficiente in tutti gli altri posti, in particolare nell’industria bellica? Ed è una scusa affermare che tenere aperti qualcuno di questi negozi dia un’impressione attraente agli stranieri. Gli stranieri saranno impressionati soltanto da una vittoria tedesca! (applauso). Tutti vorranno essere nostri amici se vinciamo la guerra. Ma se perdiamo, potremo contare gli amici sulle dita di una mano. Abbiamo messo fine a tali illusioni. Vogliamo mettere questa gente che stava in negozi vuoti a fare un lavoro utile per l’economia bellica. Questo processo è già in moto e sarà completato entro il 15 marzo. Naturalmente questa è una significativa trasformazione della nostra intera vita economica. Stiamo seguendo un piano. Non vogliamo accusare nessuno ingiustamente o dar luogo a reclami ed accuse da ogni parte. Stiamo solo facendo ciò che è necessario. Ma lo stiamo facendo rapidamente e completamente. Piuttosto indosseremo abiti usati per qualche anno che far vestire il nostro popolo di stracci per qualche secolo.

A che servono oggi i saloni di moda? Usano solo luce, riscaldamento e lavoratori. Riapriranno quando la guerra finirà. A che servono gli istituti di bellezza che incoraggiano un culto della moda e sottraggono una quantità enorme di tempo ed energia? In tempo di pace sono meravigliosi, durante la guerra sono uno spreco di tempo. Le nostre donne e le nostre ragazze saranno in grado di salutare i nostri soldati che tornano vittoriosi senza gli abiti di gala dei tempi di pace (applausi). Gli uffici governativi lavoreranno più rapidamente e con minor burocrazia. Non fa una buona impressione quando un ufficio chiude in orario dopo otto ore. Il popolo non sta lì per gli uffici, sono gli uffici che sono lì per il popolo. Si deve lavorare finché il lavoro non è finito. Questa è un’esigenza della guerra. Se il Führer può fare una cosa del genere, possono farla anche i suoi impiegati retribuiti. Se non c’è lavoro sufficiente per coprire l’orario prolungato, allora il 10 o il 20 o il 30 per cento dei lavoratori possono essere trasferiti alla produzione di guerra e sostituire altri uomini al servizio al fronte. Ciò vale per tutti gli uffici della Nazione. Questo da solo può far procedere il lavoro in alcuni uffici più rapidamente e facilmente. Dobbiamo apprendere dalla guerra ad agire alla svelta, non solo accuratamente. Il soldato al fronte non ha settimane per meditare sulle cose, per organizzare i propri pensieri o lasciarli riposare in polverosi archivi. Egli deve agire immediatamente o perdere la vita. In patria noi non perdiamo la vita se lavoriamo lentamente, ma mettiamo in pericolo la vita del nostro popolo. Ognuno deve imparare a badare al morale e prestare attenzione alle giuste esigenze del popolo che combatte e lavora. Noi non siamo guastafeste ma non tollereremo neppure coloro che ostacolano i nostri sforzi. Per esempio, è intollerabile che certi uomini e certe donne stiano settimane nelle stazioni termali a scambiare chiacchiere, prendendo il posto a soldati in permesso o a lavoratori che hanno diritto ad una vacanza dopo un anno di duro lavoro. Ciò è intollerabile e noi vi abbiamo messo fine. La guerra non è tempo di divertimenti. Fin quando non sarà finita, trarremo la nostra più profonda soddisfazione nel lavoro e nella battaglia. A coloro che non lo comprendono da soli si deve insegnare a capirlo, a forza, se necessario. Potrebbero essere necessarie le misure più severe. Non appare bello, per esempio, quando dedichiamo enormi sforzi propagandistici al tema: “Le ruote devono girare per la vittoria!”, col risultato che la gente evita i viaggi superflui soltanto per vedere dei vitelloni senza lavoro trovare più posti liberi sui treni. Le ferrovie servono per trasportare beni di guerra e viaggiatori per motivi bellici. Solo coloro che hanno bisogno di riposarsi da un duro lavoro meritano una vacanza. Il Führer non si è preso un giorno di riposo dall’inizio della guerra. Dal momento che il primo uomo del paese prende il proprio lavoro con tanta serietà e responsabilità, ci si deve attendere che ogni cittadino segua il suo esempio. D’altra parte il Governo sta facendo tutto il possibile per dare ai lavoratori lo svago di cui hanno bisogno in questi tempi difficili. I teatri, i cinema e i music hall rimangono in piena attività. La radio sta lavorando per ampliare e migliorare la propria programmazione. Non abbiamo alcuna intenzione di infliggere un grigio stato d’animo invernale al nostro popolo. Ciò che serve al popolo e tiene alto la sua forza di combattere e lavorare è buono e fondamentale per lo sforzo bellico. Vogliamo solo eliminare l’opposto. Per equilibrare i provvedimenti di cui ho già discusso, ho quindi ordinato che gli istituti culturali e spirituali che servono al popolo non siano diminuiti, bensì aumentati. Fin quando contribuiscono invece che nuocere allo sforzo bellico, essi devono essere sostenuti dal Governo. Ciò vale anche per gli sport. Oggi gli sport non sono soltanto per particolari cerchie, ma una questione del popolo intero. Esoneri militari per gli atleti sono fuori luogo. Lo scopo dello sport è di indurire il corpo, certamente col fine di usarlo in modo appropriato nel momento del bisogno più grande. Il Fronte condivide i nostri desideri. L’intero popolo tedesco concorda con passione. Non è più disposto a compiere sforzi che sprecano solo tempo e risorse. Non sopporterà più complicati questionari per ogni eventuale problema. Non vuole più preoccuparsi per migliaia di faccende minori che possono avere la loro importanza in tempo di pace, ma sono totalmente futili durante la guerra. E non ha neanche bisogno che gli sia ricordato il proprio dovere con riferimenti ai grandi sacrifici dei nostri soldati a Stalingrado. 

Il popolo sa cosa deve fare. Ognuno, in alto e in basso, ricco o povero, vuole condividere uno stile di vita spartano. Il Führer dà a noi tutti l’esempio, un esempio che deve essere seguito da tutti. Egli conosce soltanto lavoro e preoccupazione. Noi non vogliamo lasciare tutto a lui, ma piuttosto vogliamo togliergliene quella parte che siamo in grado di sopportare. I tempi odierni hanno una straordinaria somiglianza, per ogni autentico Nazionalsocialista, col periodo della lotta per il potere. Abbiamo sempre agito allo stesso modo. Eravamo con il popolo nella buona e nella cattiva sorte e questo è il motivo per cui il popolo ci seguiva. Abbiamo sempre portato i nostri fardelli insieme al popolo, per questo non ci sembravano pesanti, ma leggeri. Il popolo vuole essere guidato. Mai nella storia il popolo ha abbandonato una leadership coraggiosa e risoluta nei momenti critici. Lasciatemi dire poche parole in merito alle misure concrete relative allo sforzo per la guerra totale che abbiamo già preso. Il problema è rendere disponibili soldati per il fronte e lavoratori per l’industria degli armamenti. Questi sono gli scopi primari, anche a costo del nostro livello di vita sociale. Ciò non significa un declino permanente del nostro livello di vita. Significa soltanto raggiungere un fine, quello della guerra totale. Come parte di questa campagna sono state revocati centinaia di migliaia di esoneri militari. Questi esoneri erano stati concessi perché non avevamo sufficienti manodopera esperta per coprire le posizioni che sarebbero rimaste scoperte revocandoli. La ragione dei nostri provvedimenti attuali è di mobilitare i lavoratori necessari. Questo è il motivo per cui abbiamo fatto appello agli uomini che non lavoravano nel settore bellico e alle donne che non lavoravano del tutto. Essi non ignoreranno e non potranno ignorare il nostro appello. Il dovere di lavorare per le donne è grande. Ciò non significa, comunque, che solo quelle previste dalla legge debbano lavorare. Tutte sono benvenute. Più donne si associano allo sforzo bellico, più soldati possiamo rendere disponibili per il Fronte. I nostri nemici sostengono che le donne tedesche non sono in grado di sostituire gli uomini nell’economia di guerra. Ciò può esser vero per certi settori di lavoro pesante. Ma io sono persuaso che la donna tedesca è risoluta ad occupare il posto lasciato dall’uomo che parte per il Fronte e di farlo al più presto possibile. Noi non abbiamo bisogno di far notare l’esempio bolscevico. Per anni, milioni delle migliori donne tedesche hanno lavorato nella produzione bellica ed esse attendono con impazienza di essere raggiunte ed aiutate da altre di loro. Tutte coloro che partecipano al lavoro stanno solo dando il giusto ringraziamento a quelli che sono al fronte. Centinaia di migliaia hanno già iniziato, ed altre centinaia di migliaia inizieranno. Speriamo di svincolare presto interi eserciti di lavoratori che, a loro volta, renderanno disponibili eserciti di combattenti al fronte. Avrei scarsa considerazione delle donne tedesche se pensassi che non vogliono ascoltare il mio appello. Loro non cercheranno di seguire la lettera della legge o di scivolare attraverso le sue maglie. Le poche che potrebbero tentare non ci riusciranno. Non accetteremo permessi medici. Neppure accetteremo l’alibi che qualcuna debba aiutare il marito o i parenti o degli amici come sistema per evitare il lavoro. Risponderemo appropriatamente. Le poche che tenteranno cose del genere riusciranno soltanto a perdere il rispetto di quelli che le circondano. Il popolo le disprezzerà. 

Nessuno si aspetta che una donna manchi della forza fisica necessaria per andare a lavorare in una fabbrica di carri. Vi sono comunque anche numerose attività, nella produzione bellica, che non richiedono una particolare forza fisica e che una donna può svolgere perfino se proviene dalla migliore società. Nessuno è troppo bravo sul lavoro e tutti noi dobbiamo scegliere fra rinunciare a ciò che abbiamo oppure perdere tutto. E’ giunto anche il momento di chiedere alle donne che hanno dei domestici se effettivamente ne hanno bisogno. Ci si può prendere cura della casa e dei bambini anche da sole, lasciando libera la servitù per altri compiti, oppure si può affidare la cura della casa e dei figli alla servitù o alla NSV ed andare a lavorare. La vita può non essere piacevole come in tempo di pace. Ma noi non siamo in pace, noi siamo in guerra. Potremo metterci comodi dopo che avremo vinto la guerra. Ora dobbiamo sacrificare le nostre comodità per conquistare la vittoria. Le mogli dei soldati certamente lo comprendono. Loro sanno che è loro dovere verso i propri mariti sostenerli svolgendo un lavoro che è importante per lo sforzo bellico. Ciò è particolarmente vero in agricoltura. Le mogli dei contadini devono dare un buon esempio. Sia gli uomini che le donne devono essere sicure che nessuno faccia meno durante la guerra di quanto loro facevano in tempo di pace; invece deve essere svolta una quantità maggiore di lavoro in ogni settore. Non si può, in proposito, commettere l’errore di lasciare ogni cosa al Governo. Il Governo può soltanto disporre le direttive di massima. Dar vita a queste direttive è compito del popolo che lavora, sotto la guida stimolante del Partito. E’ essenziale un’azione rapida. Si deve andare al di là dei requisiti legali. “Volontario!” è lo slogan. Come Gauleiter di Berlino, io qui faccio appello soprattutto ai miei camerati berlinesi. Essi hanno dato a sufficienza buoni esempi di nobile condotta e coraggio durante la guerra, tali da non fallire ora. Il loro comportamento concreto ed il buon umore perfino durante la guerra hanno fatto loro guadagnare una buona fama in tutto il mondo. Questa bella reputazione deve essere mantenuta e rafforzata! Se io chiedo ai miei berlinesi di fare qualche lavoro importante rapidamente, accuratamente e senza proteste, io so che tutti loro obbediranno. Noi non vogliamo lamentarci delle difficoltà giornaliere o brontolare l’un con l’altro. Vogliamo piuttosto comportarci bene non solo come berlinesi, ma come tedeschi, cercando il lavoro, agendo, prendendo l’iniziativa di fare qualcosa, non lasciandola a qualcun altro. Quale donna tedesca vorrebbe ignorare il mio appello a favore di coloro che lottano al Fronte? Chi vorrà anteporre i propri agi personali al dovere nazionale? Chi, di fronte alla grave minaccia che affrontiamo, vorrà considerare le proprie private necessità invece che le esigenze della guerra? Io respingo con disprezzo l’asserzione del nemico, che noi stiamo imitando il bolscevismo. 


 Berlino, 18 febbraio 1943, discorso della guerra totale di Joseph Paul Goebbels  
Noi non vogliamo imitare il bolscevismo, noi vogliamo sconfiggerlo, con qualsiasi mezzo sia necessario. La donna tedesca comprenderà meglio ciò che intendo, perché sa da tempo che la guerra che stanno combattendo oggi i nostri uomini è soprattutto una guerra per proteggere i suoi figli. Il suo bene più sacro è difeso dal sangue più prezioso del nostro popolo. La donna tedesca deve proclamare spontaneamente la propria solidarietà coi suoi uomini che combattono. Essa farebbe meglio a unirsi ai milioni di lavoratori nell’esercito della patria, e dovrebbe farlo domani piuttosto che dopodomani. Attraverso il popolo tedesco deve scorrere un fiume di sollecitudine. Mi aspetto che innumerevoli donne e soprattutto uomini, che non stiano facendo un lavoro fondamentale per la guerra, si presentino alle autorità. Chi dà rapidamente dà il doppio. La situazione generale dell’economia si sta rafforzando. Ciò riguarda in particolare il sistema bancario ed assicurativo, il sistema delle imposte, i giornali e le riviste che non sono essenziali allo sforzo bellico, le attività governative e di Partito superflue e richiede anche una ulteriore semplificazione del nostro stile di vita. Io so che molti nel nostro popolo stanno compiendo grandi sacrifici. Comprendo i loro sacrifici e il Governo sta cercando di fornir loro il minimo necessario. Ma qualcosa deve restare e deve essere sopportato. Quando la guerra sarà finita, ricostruiremo ciò che ora stiamo eliminando, più generosamente e magnificamente, e lo Stato farà la propria parte. Io respingo energicamente l’accusa che i nostri provvedimenti elimineranno la classe media o si risolveranno in una economia monopolistica. La classe media riacquisterà la propria posizione economica e sociale dopo la guerra. Le misure attuali sono necessarie per lo sforzo bellico. Esse non mirano ad una trasformazione strutturale dell’economia ma semplicemente a vincere la guerra prima possibile. Non discuto il fatto che questi interventi causeranno preoccupazioni nelle prossime settimane. Ma ci daranno un periodo di respiro. Stiamo posando le fondamenta per la prossima estate, senza prestare attenzione alle minacce e alle vanterie del nemico. Io sono felice di rivelare questo piano per la vittoria (applauso) al popolo tedesco. Esso non soltanto accetta queste misure, ma le ha richieste, esigendole più energicamente che prima della guerra. Il popolo vuole l’azione! E’ tempo di dargliela! Dobbiamo usare il nostro tempo per preparare le sorprese future. Mi rivolgo ora all’intero popolo tedesco, e in particolare al Partito, come capo della totalizzazione del nostro sforzo bellico interno. Questo non è il primo importante compito che avete affrontato. Voi lo sosterrete con il consueto slancio rivoluzionario. Voi saprete trattare la pigrizia e l’indolenza che di quando in quando potranno mostrarsi. Il Governo ha promulgato delle regole generali, ed altre saranno emesse nelle prossime settimane. Le questioni minori non regolamentate con questi provvedimenti devono essere preoccupazione del popolo, sotto la guida del Partito. C’è una legge morale che presiede tutto, per ciascuno di noi: non fare nulla che nuoccia allo sforzo bellico e fare qualsiasi cosa che avvicini la vittoria. Negli anni scorsi abbiamo spesso richiamato l’esempio di Federico il Grande, sui giornali e alla radio. Non avevamo il diritto di farlo. Durante la Guerra di Slesia, per un po’, Federico II aveva cinque milioni di Prussiani, secondo Schlieffen, schierati contro 90 milioni di nemici. Nel secondo dei sette anni infernali egli patì una sconfitta che scosse la Prussia fin dalle fondamenta. Egli non ha mai avuto soldati ed armi a sufficienza per combattere senza rischiare ogni cosa. La sua strategia era sempre quella dell’improvvisazione. Ma il suo principio era di attaccare il nemico ogni volta che fosse possibile. Patì delle sconfitte ma ciò non fu determinante. Ciò che fu decisivo è che il Grande Re rimase indomito, che fu incrollabile di fronte alle mutevoli fortune della guerra, che il suo cuore forte vinse ogni pericolo. Alla fine dei sette anni di guerra egli aveva 51 anni, non aveva più denti, soffriva di gotta, ed era afflitto da mille dolori ma rimase in piedi sul campo di battaglia devastato e fu il vincitore. Come possiamo paragonare la nostra situazione con la sua? Mostriamo la sua stessa volontà, la sua stessa risolutezza e quando verrà il momento facciamo come lui, restiamo irremovibili a tutti i cambiamenti del fato e come lui vinciamo la battaglia anche nelle circostanze più avverse. Non dubitiamo mai della nostra grande causa. Io sono fermamente convinto che il popolo tedesco è stato profondamente commosso dal colpo del destino a Stalingrado. Ha visto in faccia la durezza e la crudeltà della guerra. Ora conosce l’orribile verità ed è deciso a seguire il Führer nella buona e nella cattiva sorte. La stampa inglese e americana nei giorni scorsi ha scritto a lungo dell’atteggiamento del popolo tedesco durante questa crisi. Gli inglesi sembrano ritenere di conoscere il popolo tedesco molto meglio di noi che lo guidiamo. Essi danno ipocriti consigli su cosa dovremmo o non dovremmo fare. Credono che il popolo tedesco di oggi sia lo stesso popolo tedesco del novembre 1918 quando cadde vittima dei loro persuasivi inganni. Non ho bisogno di dimostrare la falsità delle loro affermazioni. Essa scaturirà dalla lotta e dal lavoro del popolo tedesco. Per giungere alla pura e semplice verità, camerati tedeschi, voglio porvi una serie di domande. Voglio che voi rispondiate loro, al meglio della vostra consapevolezza e secondo la vostra coscienza. Quando il pubblico mi acclamò lo scorso 30 gennaio, la stampa inglese, il giorno successivo, riferì che era tutto uno spettacolo propagandistico che non rappresentava la reale opinione del popolo tedesco. Ho invitato al raduno di oggi un gruppo rappresentativo del popolo tedesco nel senso migliore del termine. 

 Joseph Paul Goebbels
Di fronte a me vi sono file di soldati tedeschi feriti sul Fronte dell’Est, che hanno perduto gambe e braccia, coi corpi feriti, quelli che hanno perduto la vista, quelli che sono venuti con le infermiere, uomini nel fiore della gioventù che stanno in piedi con le stampelle. Fra loro, 50 hanno meritato la Croce di Ferro con Fronde di Quercia, esempi luminosi del nostro fronte combattente. Dietro di loro gli operai delle fabbriche di carri di Berlino. Ancora dietro vi sono dirigenti del Partito, soldati dell’esercito, medici, scienziati, artisti, ingegneri e architetti, insegnanti, funzionari e impiegati degli uffici, orgogliosi rappresentanti di ogni settore della nostra vita intellettuale che, perfino in mezzo ad una guerra, creano miracoli di umano genio. In ogni parte dello Sportpalast vedo migliaia di donne tedesche. I giovani sono qui insieme ai vecchi. Nessuna classe, nessuna attività, nessuna età è rimasta fuori. Posso a buon diritto affermare che di fronte a me è raccolto un campione rappresentativo della popolazione tedesca, sia dalla patria che dal fronte. E’ vero? Sì o no? Voi che mi ascoltate in questo momento rappresentate la Nazione tutta. Voglio farvi dieci domande cui voi risponderete per il popolo tedesco in ogni parte del mondo ma specialmente per i nostri nemici che ci stanno ascoltando alla radio. Gli inglesi sostengono che il popolo tedesco ha perduto la fede nella vittoria. Vi chiedo: Credete voi, insieme al Führer ed a noi, nella vittoria finale e totale del popolo tedesco? Vi chiedo: siete decisi a seguire il Führer nella buona e nella cattiva sorte fino alla vittoria e accettate spontaneamente i più pesanti fardelli personali? Secondo: gli inglesi dicono che il popolo tedesco è stanco di combattere. Vi chiedo: siete pronti a seguire il Führer come falangi della patria, seguendo i combattenti, e a muovere guerra con determinazione selvaggia nonostante tutti gli accidenti del fato finché la vittoria non sarà nostra? Terzo: gli inglesi affermano che il popolo tedesco non vuole più accettare le crescenti richieste del Governo di lavorare per la guerra. Vi chiedo: voi e il popolo tedesco, volete lavorare, se il Führer lo ordina, 10, 12 e se necessario 14 ore al giorno e dare tutto per la vittoria? Quarto: gli inglesi dichiarano che il popolo tedesco sta resistendo ai provvedimenti del Governo per la guerra totale. Esso non vorrebbe la guerra totale ma la capitolazione!. Vi chiedo: volete la guerra totale? Se necessario, volete una guerra più totale e radicale di quanto mai oggi possiamo neppure immaginare? Quinto: gli inglesi sostengono che il popolo tedesco ha perduto la propria fede nel Führer. Vi chiedo: La vostra fiducia nel Führer è più grande, più sincera e più incrollabile di prima? Siete assolutamente e completamente pronti a seguirlo ovunque e fare tutto ciò che è necessario per giungere alla vittoria? Sesto: vi chiedo: siete pronti da ora in avanti a darvi completamente per fornire al Fronte orientale gli uomini e le munizioni necessarie per sferrare al bolscevismo un colpo mortale? Settimo: vi chiedo: voi prestate un sacro giuramento al Fronte che la patria rimarrà compatta dietro di esso e che darete tutto ciò di cui ha bisogno per raggiungere la vittoria? Ottavo: vi chiedo: voi, e specialmente voi donne, volete che il governo faccia tutto che può per incoraggiare le donne tedesche a mettersi al completo al lavoro per sostenere lo sforzo bellico e liberare gli uomini per il Fronte ogni volta che sia possibile, aiutando quindi gli uomini al Fronte? Nono: vi chiedo: approvate, se necessarie, le misure più radicali contro un piccolo gruppo di scansafatiche e borsari neri che fingono vi sia la pace in mezzo ad una guerra e usano i bisogni della Nazione per i loro scopi egoistici? Siete d’accordo che coloro che ledono lo sforzo bellico debbano rimetterci la testa? Decimo e ultimo: vi chiedo: siete d’accordo che soprattutto in guerra, secondo il programma del Partito Nazionalsocialista, si debbano applicare gli stessi diritti e doveri a tutti, che la patria debba sopportare tutta insieme i pesanti fardelli della guerra e che tali fardelli debbano essere equamente divisi fra chi sta in alto e chi sta in basso e fra ricchi e poveri? Ho chiesto; voi mi avete dato le vostre riposte. Voi siete parte del popolo e le vostre risposte sono quelle del popolo tedesco. Voi avete detto ai nostri nemici ciò che avevano bisogno di udire, così da non farsi né illusioni né false idee. 

Ora, proprio come nelle prime ore di governo e durante i dieci anni seguenti, noi siamo fermamente legati dalla fratellanza col popolo tedesco. Il più potente alleato al mondo, il popolo stesso, è dietro di noi ed è deciso a seguire il Führer, qualunque cosa avvenga. Esso accetterà i più pesanti sacrifici per raggiungere la vittoria. Quale forza al mondo può impedirci di raggiungere il nostro scopo? Ora dobbiamo e vogliamo riuscire! Io sono davanti a voi non soltanto come portavoce del Governo, ma come portavoce del popolo. I miei vecchi amici del Partito sono qui intorno a me, investiti degli alti incarichi del popolo e del Governo. Il camerata Speer è seduto vicino a me. Il Führer gli ha conferito il grande compito di mobilitare l’industria tedesca degli armamenti e rifornire il fronte di tutte le armi necessarie. Il camerata Ley è seduto accanto a me. Il Führer lo ha incaricato di guidare la manodopera tedesca, istruendola ed addestrandola ad un lavoro infaticabile per lo sforzo bellico. Ci sentiamo profondamente debitori col camerata Sauckel che è stato incaricato dal Führer di portare centinaia di migliaia di lavoratori nel Reich per sostenere la nostra economia nazionale, una cosa che il nemico non può fare. Anche tutti i capi del Partito, dell’esercito e del Governo si uniscono a noi. Noi siamo tutti figli del nostro popolo, forgiati insieme dall’ora più critica della nostra storia nazionale. Noi promettiamo a voi, al Fronte, al Führer che insieme plasmeremo la patria in una forza su cui il Führer e i suoi combattenti possano fare assegnamento completamente e ciecamente. Noi promettiamo solennemente di fare, nella nostra vita e nel lavoro, tutto ciò che è necessario alla vittoria. Riempiremo i nostri cuori con la passione politica, col fuoco eterno che ardeva durante le grandi battaglie del Partito e dello Stato. Mai durante questa guerra cadremo preda del falso e ipocrita oggettivismo che ha condotto la Nazione tedesca a così grandi sventure nella sua storia. Quando la guerra iniziò volgemmo lo sguardo alla Nazione sola. Ciò che serve alla sua lotta per la vita è buono e deve essere incoraggiato. Ciò che nuoce alla sua lotta per la vita è cattivo e deve essere eliminato ed escluso. Noi supereremo i principali problemi di questa fase della guerra con animi ardenti e mente fredda. Siamo sulla strada della vittoria finale. Questa vittoria si basa nella nostra fede nel Führer. Questa sera io ricordo ancora una volta il proprio dovere alla Nazione. Il Führer si aspetta che facciamo tanto da mettere in ombra quanto abbiamo fatto in passato. Noi non vogliamo abbandonarlo. Come noi siamo orgogliosi di lui, lui dovrà essere orgoglioso di noi. 

Le grandi crisi e gli sconvolgimenti della vita nazionale mostrano chi siano i veri uomini e le vere donne. Non abbiamo più diritto di parlare del sesso più debole, poiché ambedue i sessi stanno mostrando la stessa determinazione e forza spirituale. La Nazione è pronta per qualsiasi cosa. Il Führer ha ordinato e noi lo seguiremo. In quest’ora di riflessione e meditazione nazionali, noi crediamo saldamente e incrollabilmente nella vittoria. La vediamo davanti a noi, dobbiamo solo afferrarla. Dobbiamo risolverci a subordinargli ogni cosa. Questo è il dovere di quest’ora. Che lo slogan sia: Ora, popolo sorgi, tempesta scatenati!  (traduzione di s. brosal)

Joseph Paul Goebbels (Rheydt, 29 ottobre 1897 – Berlino, 1º maggio 1945) è stato un politico e giornalista tedesco. Fu uno dei più importanti gerarchi nazisti, Gauleiter di Berlino dal 1926 al 1945, Ministro della Propaganda del Terzo Reich dal 1933 al 1945, ministro plenipotenziario per la mobilizzazione alla guerra totale e generale della Wehrmacht, con l'incarico della difesa di Berlino dall'aprile del 1945, e, dopo il suicidio di Hitler, il 30 aprile 1945, per quasi due giorni Cancelliere del Reich.

domenica 14 giugno 2015

Hitchcock, maestro dell'orrore e della menzogna. I suoi filmati shock sui campi di concentramento tedeschi sono una montatura

E' stato Hitchcok !!!

I filmati shock, girati nel 1945, nei campi di concentramento tedeschi sono una montatura.
il maestro dell’horror fece delle riprese per motivi propagandistici !!! Nel 1945 quando ormai la Germania era completamente nelle mani degli alleati il regista inglese dimostrò il suo cinismo, la sua disumanità e la sua astuzia. Quei filmati sono un falso !!! I suoi filmati girati nel campo di accoglienza di Bergen Belsen, devastato dall'epidemia, usati con spietato cinismo, disumanità ed astuzia per accusare i tedeschi di colpe mai commesse.

Quei filmati, che sono stati diffusi col preciso intento di denigrare il Popolo tedesco, facendo credere al mondo intero che c'era un piano per distruggere il popolo ebraico, si stanno dimostrando un vero boomerang proprio contro coloro che hanno messo in atto questo piano miserabile e disumano. E’ spaventoso il cinismo, la mancanza di senso di umanità con cui ancora oggi si specula con quelle immagini. Proiettate per anni dagli schermi televisivi, con sottofondi musicali angoscianti, si è ingannato il pubblico associando, con spietata astuzia, quelle scene terribili alle camere a gas, con cui non avevano invece nulla a che fare. Un falso!

dall'intervista del 2013 ad Erich Priebke, militare tedesco, Capitano delle SS della seconda guerra mondiale in Italia, condannato all'ergastolo per aver eseguito l'ordine dell'eccidio delle Fosse Ardeatine:

Quei filmati sono un’ulteriore prova della falsificazione: Provengono quasi tutti dal campo di Bergen Belsen. Era un campo dove le autorità tedesche inviavano da altri campi gli internati inabili al lavoro. Vi era all’interno anche un reparto per convalescenti. Già questo la dice lunga sulla volontà assassina dei tedeschi. Sembra strano che in tempo di guerra si sia messo in piedi una struttura per accogliere coloro che invece si volevano gasare. I bombardamenti alleati nel 1945 hanno lasciato quel campo senza viveri, acqua e medicinali. Si è diffusa un’epidemia di tifo petecchiale che ha causato migliaia di malati e morti.

Quei filmati risalgono proprio a quei fatti, quando il campo di accoglienza di Bergen Belsen devastato dall’epidemia, nell’aprile 1945, era ormai nelle mani degli alleati. Le riprese furono appositamente girate, per motivi propagandistici, dal regista inglese Hitchcock, il maestro dell’horror. E’ spaventoso il cinismo, la mancanza di senso di umanità con cui ancora oggi si specula con quelle immagini. Proiettate per anni dagli schermi televisivi, con sottofondi musicali angoscianti, si è ingannato il pubblico associando, con spietata astuzia, quelle scene terribili alle camere a gas, con cui non avevano invece nulla a che fare. Un falso!

La letteratura sull’Olocausto è servita soprattutto allo stato di Israele per due motivi. Il primo è chiarito bene da uno scrittore ebreo figlio di deportati: Norman Finkelstein. Nel suo libro “L’industria dell’Olocausto” spiega come questa industria abbia portato, attraverso una campagna di rivendicazioni, risarcimenti miliardari nelle casse di istituzioni ebraiche e in quelle dello stato di Israele. Finkelstein parla di “un vero e proprio racket di estorsioni”. Per quanto riguarda il secondo punto, lo scrittore Sergio Romano, che non è certo un revisionista, spiega che, dopo la “guerra del Libano”, lo stato di Israele ha capito che incrementare ed enfatizzare la drammaticità della “letteratura sull’Olocausto” gli avrebbe portato vantaggi nel suo contenzioso territoriale con gli arabi e “una sorta di semi immunità diplomatica”. 

I mezzi di propaganda di chi oggi detiene il potere globale sono inarginabili. Attraverso una sottocultura storica appositamente creata e divulgata da televisione e cinematografia, si sono manipolate le coscienze, lavorando sulle emozioni. In particolare le nuove generazioni, a cominciare dalla scuola, sono state sottoposte al lavaggio del cervello, ossessionate con storie macabre per assoggettarne la libertà di giudizio. Come le ho detto, siamo da quasi 70 anni in attesa delle prove dei misfatti contestati al popolo tedesco. Gli storici non hanno trovato un solo documento che riguardasse le camere a gas. Non un ordine scritto, una relazione o un parere di un’istituzione tedesca, un rapporto degli addetti. Nulla di nulla. Nell’assenza di documenti, i giudici di Norimberga hanno dato per scontato che il progetto che si intitolava “Soluzione finale del problema ebraico” allo studio nel Reich, che vagliava le possibilità territoriali di allontanamento degli ebrei dalla Germania e successivamente dai territori occupati, compreso il possibile trasferimento in Madagascar, fosse un codice segreto di copertura che significava il loro sterminio. E’ assurdo! In piena guerra, quando eravamo ancora vincitori sia in Africa che in Russia, gli ebrei, che erano stati in un primo tempo semplicemente incoraggiati, vennero poi fino al 1941 spinti in tutti i modi a lasciare autonomamente la Germania. Solo dopo due anni dall’inizio della guerra cominciarono i provvedimenti restrittivi della loro libertà.


L’inganno sta proprio nel far credere alla gente che chi, per esempio, si oppone al colonialismo israeliano e al sionismo in Palestina sia antisemita; chi si permette di criticare gli ebrei sia sempre e comunque antisemita; chi osa chiedere le prove della esistenza di queste camere a gas nei campi di concentramento, è come se approvasse una idea di sterminio degli ebrei. Si tratta di una falsificazione vergognosa. Proprio queste leggi dimostrano la paura che la verità venga a galla. Ovviamente si teme che dopo la campagna propagandistica fatta di emozioni, gli storici si interroghino sulle prove, gli studiosi si rendano conto delle mistificazioni. Proprio queste leggi apriranno gli occhi a chi ancora crede nella libertà di pensiero e nella importanza della indipendenza nella ricerca storica. Certo, per quello che ho detto posso essere incriminato, la mia situazione potrebbe addirittura ancora peggiorare ma dovevo raccontare le cose come sono realmente state, il coraggio della sincerità era un dovere nei confronti del mio Paese, un contributo nel compimento dei miei cento anni per il riscatto e la dignità del mio popolo. (Erich Priebke)

 Alfred Hitchcok , maestro dell'orrore e della menzogna
Ces films sont une preuve supplémentaire de la propagande.Presque tous proviennent du camp de Bergen-Belsen. C’est un camp où les autorités allemandes envoyaient les internés des autres camps qui étaient inaptes au travail. Il y avait à l’intérieur un secteur pour convalescents. Rien que cela en dit long sur la volonté des Allemands d’assassiner : il semble étrange que, en temps de guerre, on mette en place une structure pour accueillir ceux qu’on voulait gazer. Les bombardements de 1945 ont laissé ce camp dénué de vivres, d’eau et de médicaments. Une épidémie de typhus s’est répandue qui a causé des milliers de malades et de morts. Ces films datent de ces faits, lorsque le camp de réfugiés de Bergen Belsen, dévasté par l’épidémie, en avril 1945, était alors entre les mains des Alliés. Les scènes furent tournées exprès, à des fins de propagande, par le metteur en scène anglais Hitchcock, le maître de l’horreur. Il est affreux de voir le cynisme, l’absence de tout sens d’humanité avec lesquels encore aujourd’hui on spécule sur ces images. En les projetant pendant des années sur les écrans de télévision, accompagnées de fonds musicaux angoissants, on a trompé. 

sabato 13 giugno 2015

Intervista integrale rilasciata da Erich Priebke a fine luglio 2013 nella ricorrenza dei suoi 100 anni

Erich Priebke (Hennigsdorf, 29 luglio 1913 – Roma, 11 ottobre 2013) 

L'intervista testamento di Erich Priebke nella ricorrenza dei suoi 100 anni:
"Le camere a gas non c'erano, solo cucine" L'Ex Capitano delle SS condannato per la fucilazione di 335 civili e militari a Roma nega l'olocausto "Prove costruite dagli Americani" Non fa nessun accenno alle Fosse Ardeatine. "Nei campi le camere a gas non si sono mai trovate, salvo quella costruita a guerra finita dagli Americani a Dachau".

 INTERVISTA RILASCIATA DA ERICH PRIEBKE A FINE LUGLIO 2013
D. Sig. Priebke, anni addietro lei ha dichiarato che non rinnegava il suo passato. Con i suoi cento anni di età lo pensa ancora?
R. Sì.
D. Cosa intende esattamente con questo?
R. Che ho scelto di essere me stesso.
D. Quindi ancora oggi lei si sente nazista.
R. La fedeltà al proprio passato è qualche cosa che ha a che fare con le nostre convinzioni. Si tratta del mio modo di vedere il mondo, i miei ideali, quello che per noi tedeschi fu la Weltanschauung e ancora ha a che fare con il senso dell’amor proprio e dell’onore. La politica è un’altra questione. Il Nazionalsocialismo è scomparso con la sconfitta, e oggi non avrebbe comunque nessuna possibilità di tornare.
D. Della visione del mondo di cui lei parla fa parte anche l’antisemitismo.
R. Se le sue domande sono mirate a conoscere la verità è necessario abbandonare i luoghi comuni:
criticare non vuol dire che si vuole distruggere qualcuno. In Germania sin dai primi del Novecento si criticava apertamente il comportamento degli ebrei. Il fatto che gli ebrei avessero accumulato nelle loro mani un immenso potere economico e di conseguenza politico, pur rappresentando una parte in proporzione assolutamente esigua della popolazione mondiale, era considerato ingiusto. E’ un fatto che ancora oggi, se prendiamo le mille persone più ricche e potenti del mondo, dobbiamo constatare che una notevole parte di loro sono ebrei, banchieri o azionisti di maggioranza di imprese multinazionali. In Germania poi, specialmente dopo la sconfitta della prima guerra mondiale e l’ingiustizia dei trattati di Versailles, immigrazioni ebraiche dall’est europeo avevano provocato dei veri disastri, con l’accumulo di immensi capitali da parte di questi immigrati in pochi anni, mentre con la repubblica di Weimar la grande maggioranza del popolo tedesco viveva in forte povertà. In quel clima gli usurai si arricchivano e il senso di frustrazione nei confronti degli ebrei cresceva.

    Erich Priebke in servizio presso 
      l'ambasciata tedesca di Roma 
D. Quella che gli ebrei abbiano praticato l’usura ammessa dalla loro religione, mentre veniva proibita ai cristiani, è una vecchi storia. Cosa c’è di vero secondo lei?
R. Infatti non è certo una mia idea. Basta leggere Shakespeare o Dostoevskij per capire che simili problemi con gli ebrei sono storicamente effettivamente esistiti, da Venezia a San Pietroburgo. Questo non vuole assolutamente dire che gli unici usurai all’epoca fossero gli ebrei. Ho fatto mia una frase del poeta Ezra Pound: ”Tra uno strozzino ebreo e uno strozzino orfano non vedo nessuna differenza”.
D. Per tutto questo lei giustifica l’antisemitismo?
R. No, guardi, questo non significa che tra gli ebrei non ci siano persone perbene. Ripeto, antisemitismo vuol dire odio, odio indiscriminato. Io anche in questi ultimi anni della mia persecuzione, da vecchio, privato della libertà ho sempre rifiutato l’odio. Non ho mai voluto odiare nemmeno chi mi ha odiato. Parlo solo di diritto di critica e ne sto spiegando i motivi. E le dirò di più: deve considerare che, per loro particolari motivi religiosi, una grossa parte di ebrei si considerava superiore a tutti gli altri esseri umani. Si immedesimava nel “Popolo Eletto da Dio” della Bibbia.
D. Anche Hitler parlava della razza ariana come superiore.
R. Sì, Hitler è caduto anche lui nell’equivoco di rincorrere questa idea di superiorità. Questa è stata una delle cause di errori senza ritorno. Tenga conto comunque che un certo razzismo era la normalità in quegli anni. Non solo a livello di mentalità popolare, ma anche a livello di governi e addirittura di ordinamenti giuridici. Gli Americani, dopo aver deportato le popolazioni africane ed essere stati schiavisti, continuavano a essere razzisti, e di fatto discriminavano i neri. Le prime leggi, definite razziali, di Hitler non limitavano i diritti degli ebrei più di quanto fossero limitati quelli dei neri in diversi stati USA. Stessa cosa per le popolazioni dell’India da parte degli inglesi; e i francesi, che non si sono comportati molto diversamente con i cosiddetti sudditi delle loro colonie. Non parliamo poi del trattamento subìto all’epoca dalle minoranze etniche nell’ex URSS.
D. E quindi come sono andate peggiorando in Germania le cose, secondo lei?
R. Il conflitto si è radicalizzato, è andato crescendo. Gli ebrei tedeschi, americani, inglesi e l’ebraismo mondiale da un lato, contro la Germania che stava dall’altro. Naturalmente gli ebrei tedeschi si sono venuti a trovare in una posizione sempre più difficile. La successiva decisione di promulgare leggi molto dure resero in Germania la vita veramente difficile agli ebrei. Poi nel novembre del 1938 un ebreo, un certo Grynszpan, per protesta contro la Germania uccise in Francia un consigliere della nostra ambasciata, Ernest von Rath. Ne seguì la famosa “Notte dei cristalli’”. Gruppi di dimostranti ruppero in tutto il Reich le vetrine dei negozi di proprietà degli ebrei. Da allora gli ebrei furono considerati solo e soltanto come nemici. Hitler dopo aver vinto le elezioni, li aveva in un primo tempo incoraggiati in tutti i modi a lasciare la Germania.
Successivamente, nel clima di forte sospetto nei confronti degli ebrei tedeschi, causato dalla guerra e di boicottaggio e di aperto conflitto con le più importanti organizzazioni ebraiche mondiali, li rinchiuse nei lager, proprio come nemici. Certo per molte famiglie, spesso senza alcuna colpa, questo fu rovinoso.
D. La colpa quindi di ciò che gli ebrei hanno subìto secondo lei sarebbe degli ebrei stessi?
R. La colpa è un po’ di tutte le parti. Anche degli alleati che scatenarono la seconda guerra mondiale contro la Germania, a seguito della invasione della Polonia, per rivendicare territori dove la forte presenza tedesca era sottoposta a continue vessazioni. Territori posti dal trattato di Versailles sotto il controllo del neonato Stato polacco. Contro la Russia di Stalin e la sua invasione della restante parte della Polonia nessuno mosse un dito. Anzi, a fine conflitto, ufficialmente nato per difendere proprio l’indipendenza della Polonia dai tedeschi, fu regalato senza tanti complimenti tutto l’est europeo, Polonia compresa, a Stalin.
D. Quindi, politica a parte, lei sposa le teorie storiche revisioniste.
R. Non capisco perfettamente cosa si intenda per revisionismo. Se parliamo del processo di Norimberga del 1945 allora posso dirle che fu una cosa incredibile, un grande palcoscenico creato a posta per disumanizzare di fronte all’opinione pubblica mondiale il popolo tedesco e i suoi capi. Per infierire sullo sconfitto oramai impossibilitato a difendersi.
D. Su quali basi afferma questo?
R. Cosa si può dire di un autonominatosi tribunale che giudica solo i crimini degli sconfitti e non quelli dei vincitori; dove il vincitore è al tempo stesso pubblica accusa, giudice e parte lesa e dove gli articoli di reato erano stati appositamente creati successivamente ai fatti contestati, proprio per condannare in modo retroattivo? Lo stesso presidente americano Kennedy ha condannato quel processo definendolo una cosa “disgustosa”, in quanto “si erano violati i princìpi della costituzione americana per punire un avversario sconfitto”.
D. Se intende dire che il reato di crimini contro l’umanità con cui si è condannato a Norimberga non esisteva prima che fosse contestato proprio da quel tribunale internazionale, c’è da dire in ogni caso che le accuse riguardavano fatti comunque terribili.
R. A Norimberga i tedeschi furono accusati della strage di Katyn, poi nel 1990 Gorbaciov ammise che erano stati proprio loro stessi russi accusatori, ad uccidere i ventimila ufficiali polacchi con un colpo alla nuca nella foresta di Katyn. Nel 1992 il presidente russo Eltsin produsse anche il documento originale contenente l’ordine firmato da Stalin. I tedeschi furono anche accusati di aver fatto sapone con gli ebrei. Campioni di quel sapone finirono nei musei USA, in Israele e in altri Paesi. Solo nel 1990 un professore della università di Gerusalemme studiò i campioni dovendo infine ammettere che si trattava di un imbroglio.
D. Sì, ma i campi di concentramento non sono un’invenzione dei giudici di Norimberga.
R. In quegli anni terribili di guerra, rinchiudere nei lager (in italiano sono i campi di concentramento) popolazioni civili che rappresentavano un pericolo per la sicurezza nazionale era una cosa normale. Nell’ultimo conflitto mondiale l’hanno fatto sia i russi che gli USA. Questi ultimi in particolare con i cittadini americani di origine orientale.
D. In America, però, nei campi di concentramento per le popolazioni di etnia giapponese non c’erano le camere a gas!
R. Come le ho detto, a Norimberga sono state inventate una infinità di accuse, Per quanto riguarda quella che nei campi di concentramento vi fossero camere a gas aspettiamo ancora le prove. Nei campi i detenuti lavoravano. Molti uscivano dal lager per il lavoro e vi facevano ritorno la sera. II bisogno di forza lavoro durante la guerra è incompatibile con la possibilità che allo stesso tempo, in qualche punto del campo, vi fossero file di persone che andavano alla gasazione. L’attività di una camera a gas è invasiva nell’ambiente, terribilmente pericolosa anche al suo esterno, mortale. L’idea di mandare a morte milioni di persone in questo modo, nello stesso luogo dove altri vivono e lavorano senza che si accorgano di nulla è pazzesca, difficilmente realizzabile anche sul piano pratico.

D. Ma lei quando ha sentito parlare per la prima volta del piano di sterminio degli ebrei e delle camere a gas?
R. La prima volta che ho sentito di cose simili la guerra era finita, e io mi trovavo in un campo di concentramento inglese, ero insieme a Walter Rauff. Rimanemmo entrambi allibiti. Non potevamo assolutamente credere a fatti così orribili: camere a gas per sterminare uomini, donne e bambini. Se ne parlò con il colonnello Rauff e con gli altri colleghi per giorni. Nonostante fossimo tutti SS, ognuno al nostro livello con una particolare posizione nell’apparato nazionalsocialista, mai a nessuno di noi erano giunte alle orecchie cose simili. Pensi che anni e anni dopo venni a sapere che il mio amico e superiore Walter Rauff, che aveva diviso con me anche qualche pezzo di pane duro nel campo di concentramento, veniva accusato di essere l’inventore di un fantomatico autocarro di gasazione. Cose di questo genere le può pensare solo chi non ha conosciuto Walter Rauff.

D. E tutte le testimonianze della esistenza delle camere a gas?
R. Nei campi le camere a gas non si sono mai trovate, salvo quella costruita a guerra finita dagli Americani a Dachau. Testimonianze che si possono definire affidabili sul piano giudiziario o storico a proposito delle camere a gas non ce ne sono; a cominciare da quelle di alcuni degli ultimi comandanti e responsabili dei campi, come per esempio quella del più noto dei comandanti di Auschwitz , Rudolf Höss. A parte le grandi contraddizioni della sua testimonianza, prima di deporre a Norimberga fu torturato e dopo la testimonianza per ordine dei russi gli tapparono la bocca impiccandolo. Per questi testimoni, ritenuti preziosi dai vincitori, le violenze fisiche e morali in caso di mancanza di condiscendenza erano insopportabili; le minacce erano anche di rivalsa sui familiari. So per l’esperienza personale della mia prigionia e quella dei miei colleghi, come, da parte dei vincitori, venivano estorte nei campi di concentramento le confessioni ai prigionieri, i
quali spesso non conoscevano nemmeno la lingua inglese. Poi il trattamento riservato ai prigionieri nei campi russi della Siberia oramai è cosa nota, si doveva firmare qualunque tipo di confessione richiesta; e basta.
D. Quindi per lei quei milioni di morti sono un’invenzione.
R. Io ho conosciuto personalmente i lager. L’ultima volta sono stato a Mauthausen nel maggio del 1944 a interrogare il figlio di Badoglio, Mario, per ordine di Himmler. Ho girato quel campo in lungo e in largo per due giorni. C’erano immense cucine in funzione per gli internati e all’interno anche un bordello per le loro esigenze. Niente camere a gas. Purtroppo tanta gente è morta nei campi, ma non per una volontà assassina. La guerra, le condizioni di vita dure, la fame, la mancanza di cure adeguate si sono risolti spesso in un disastro. Però queste tragedie dei civili erano all’ordine del giorno non solo nei campi ma in tutta la Germania, soprattutto a causa dei bombardamenti indiscriminati delle città.

D. Quindi lei minimizza la tragedia degli ebrei: l’Olocausto?
R. C’è poco da minimizzare: una tragedia è una tragedia. Si pone semmai un problema di verità storica. I vincitori del secondo conflitto mondiale avevano interesse a che non si dovesse chiedere conto dei loro crimini. Avevano raso al suolo intere città tedesche, dove non vi era un solo soldato, solo per uccidere donne, bambini e vecchi e così fiaccare la volontà di combattere del loro nemico. Questa sorte è toccata ad Amburgo, Lubecca, Berlino, Dresda e tante altre città. Approfittavano della superiorità dei loro bombardieri per uccidere i civili impunemente e con folle spietatezza. Poi è toccato alla popolazione di Tokyo e infine con le atomiche ai civili di Nagasaki e Hiroshima. Per questo era necessario inventare dei particolari crimini commessi dalla Germania e reclamizzarli tanto da presentare i tedeschi come creature del male e tutte le altre sciocchezze: soggetti da romanzo dell’orrore su cui Hollywood ha girato centinaia di film.
Del resto da allora il metodo dei vincitori della seconda guerra mondiale non è molto cambiato: a sentire loro esportano la democrazia con cosiddette missioni di pace contro le canaglie, descrivono terroristi che si sono macchiati di atti sempre mostruosi, inenarrabili. Ma in pratica attaccano soprattutto con l’aviazione chi non si sottomette. Massacrano militari e civili che non hanno i mezzi per difendersi. Alla fine, tra un intervento umanitario e l’altro nei vari Paesi, mettono sulle poltrone dei governi dei burattini che assecondano i loro interessi economici e politici.

Erich Priebke intervista nella ricorrenza dei suoi 100 anni
D. Ma allora certe prove inoppugnabili come filmati e fotografie dei lager come le spiega?
R. Quei filmati sono un’ulteriore prova della falsificazione: Provengono quasi tutti dal campo di Bergen Belsen. Era un campo dove le autorità tedesche inviavano da altri campi gli internati inabili al lavoro. Vi era all’interno anche un reparto per convalescenti. Già questo la dice lunga sulla volontà assassina dei tedeschi. Sembra strano che in tempo di guerra si sia messo in piedi una struttura per accogliere coloro che invece si volevano gasare. I bombardamenti alleati nel 1945 hanno lasciato quel campo senza viveri, acqua e medicinali. Si è diffusa un’epidemia di tifo petecchiale che ha causato migliaia di malati e morti. Quei filmati risalgono proprio a quei fatti, quando il campo di accoglienza di Bergen Belsen devastato dall’epidemia, nell’aprile 1945, era ormai nelle mani degli alleati. Le riprese furono appositamente girate, per motivi propagandistici, dal regista inglese Hitchcock, il maestro dell’horror. E’ spaventoso il cinismo, la mancanza di senso di umanità con cui ancora oggi si specula con quelle immagini. Proiettate per anni dagli schermi televisivi, con sottofondi musicali angoscianti, si è ingannato il pubblico associando, con spietata
astuzia, quelle scene terribili alle camere a gas, con cui non avevano invece nulla a che fare. Un falso!
D. II motivo di tutte queste mistificazioni, secondo lei, sarebbe coprire i propri crimini da parte dei
vincitori?
R. In un primo tempo fu così. Un copione uguale a Norimberga fu inventato anche dal Generale McArthur in Giappone con il processo di Tokyo. In quel caso per impiccare si escogitarono altre storie e altri crimini. Per criminalizzare i giapponesi che avevano subìto la bomba atomica, si inventarono all’epoca persino accuse di cannibalismo.
D. Perché in un primo tempo?
R. Perché successivamente la letteratura sull’Olocausto è servita soprattutto allo stato di Israele per due motivi. Il primo è chiarito bene da uno scrittore ebreo figlio di deportati: Norman Finkelstein. Nel suo libro “L’industria dell’Olocausto” spiega come questa industria abbia portato, attraverso una campagna di rivendicazioni, risarcimenti miliardari nelle casse di istituzioni ebraiche e in quelle dello stato di Israele. Finkelstein parla di “un vero e proprio racket di estorsioni”. Per quanto riguarda il secondo punto, lo scrittore Sergio Romano, che non è certo un revisionista, spiega che, dopo la “guerra del Libano”, lo stato di Israele ha capito che incrementare ed enfatizzare la drammaticità della “letteratura sull’Olocausto” gli avrebbe portato vantaggi nel suo contenzioso territoriale con gli arabi e “una sorta di semi immunità diplomatica”.
D. In tutto il mondo si parla dell’Olocausto come sterminio, lei ha dei dubbi o lo nega recisamente?
R. I mezzi di propaganda di chi oggi detiene il potere globale sono inarginabili. Attraverso una sottocultura storica appositamente creata e divulgata da televisione e cinematografia, si sono manipolate le coscienze, lavorando sulle emozioni. In particolare le nuove generazioni, a cominciare dalla scuola, sono state sottoposte al lavaggio del cervello, ossessionate con storie macabre per assoggettarne la libertà di giudizio.
Come le ho detto, siamo da quasi 70 anni in attesa delle prove dei misfatti contestati al popolo tedesco. Gli storici non hanno trovato un solo documento che riguardasse le camere a gas. Non un ordine scritto, una relazione o un parere di un’istituzione tedesca, un rapporto degli addetti. Nulla di nulla.
Nell’assenza di documenti, i giudici di Norimberga hanno dato per scontato che il progetto che si intitolava “Soluzione finale del problema ebraico” allo studio nel Reich, che vagliava le possibilità territoriali di allontanamento degli ebrei dalla Germania e successivamente dai territori occupati, compreso il possibile trasferimento in Madagascar, fosse un codice segreto di copertura che significava il loro sterminio. E’ assurdo! In piena guerra, quando eravamo ancora vincitori sia in Africa che in Russia, gli ebrei, che erano stati in un primo tempo semplicemente incoraggiati, vennero poi fino al 1941 spinti in tutti i modi a lasciare autonomamente la Germania. Solo dopo due anni dall’inizio della guerra cominciarono i provvedimenti restrittivi della loro libertà.
D. Ammettiamo allora che le prove di cui lei parla vengano fuori. Parlo di un documento firmato da Hitler o da un altro gerarca. Quale sarebbe la sua posizione?
R. La mia posizione è di condanna tassativa per fatti del genere. Tutti gli atti di violenza indiscriminata contro le comunità, senza che si tenga conto delle effettive responsabilità individuali, sono inaccettabili, assolutamente da condannare. Quello che è successo agli indiani d’America, ai kulaki in Russia, agli italiani infoibati in Istria, agli armeni in Turchia, ai prigionieri tedeschi nei campi di concentramento americani in Germania e in Francia, così come in quelli russi, i primi lasciati morire di stenti volutamente dal presidente americano Eisenhower, i secondi da Stalin. Entrambi i capi di Stato non rispettarono volutamente la convenzione di Ginevra per infierire fino alla tragedia. Tutti episodi, ripeto, da condannare senza mezzi termini, comprese le persecuzioni fatte dai tedeschi a danno degli ebrei; che indubbiamente ci sono state. Quelle reali però, non quelle inventate per propaganda.
D. Lei ammette quindi la possibilità che queste prove, sfuggite a una eventuale distruzione fatta dai tedeschi alla fine del conflitto, potrebbero un giorno venir fuori?
R. Le ho già detto che certi fatti vanno condannati in assoluto. Quindi, se poniamo anche solo per assurdo che un domani si dovessero trovare prove su queste camere a gas, la condanna di cose così orribili, di chi le ha volute e di chi le ha usate per uccidere, dovrebbe essere indiscussa e totale. Vede, in questo senso ho imparato che nella vita le sorprese possono non finire mai. In questo caso però credo di poterle escludere con certezza, perché per quasi sessanta anni i documenti tedeschi, sequestrati dai vincitori della guerra, sono stati esaminati e vagliati da centinaia e centinaia di studiosi, sicché, ciò che non è emerso finora difficilmente potrà emergere in futuro.
Per un altro motivo devo poi ritenerlo estremamente improbabile, e le spiego il perché: a guerra già avanzata, i nostri avversari avevano cominciato a insinuare sospetti su attività omicide nei Lager. Parlo della dichiarazione interalleata dei dicembre 1942, in cui si diceva genericamente di barbari crimini della Germania contro gli ebrei e si prevedeva la punizione dei colpevoli. Poi, alla fine del 1943, ho saputo che non si trattava di generica propaganda di guerra, ma che addirittura i nostri nemici pensavano di fabbricare false prove su questi crimini. La prima notizia la ebbi dal mio compagno di corso, e grande amico, Capitano Paul Reinicke, che passava le sue giornate a contatto con il numero due del governo tedesco, il Reichsmarschall Goering: era il suo capo scorta. L’ultima volta che lo vidi mi riferì del progetto di vere e proprie falsificazioni. Goering era furibondo per il fatto che riteneva queste mistificazioni infamanti agli occhi del mondo intero. Proprio Goering, prima di suicidarsi, contestò violentemente di fronte al tribunale
di Norimberga la produzione di prove falsificate.
Un altro accenno lo ebbi successivamente dal capo della polizia Ernst Kaltenbrunner, l’uomo che aveva sostituito Heydrich dopo la sua morte e che fu poi mandato alla forca a seguito del verdetto di Norimberga. Lo vidi verso la fine della guerra per riferirgli le informazioni raccolte sul tradimento dei Re Vittorio Emanuele. Mi accennò che i futuri vincitori erano già all’opera per costruire false prove di crimini di guerra ed altre efferatezze che avrebbero inventato sui lager a riprova della crudeltà tedesca. Stavano già mettendosi d’accordo sui particolari di come inscenare uno speciale giudizio per i vinti.
Soprattutto però ho incontrato nell’agosto 1944 il diretto collaboratore del generale Kaltenbrunner, il capo della Gestapo, generale Heinrich Müller. Grazie a lui ero riuscito a frequentare il corso allievi ufficiali. A lui dovevo molto e lui era affezionato a me. Era venuto a Roma per risolvere un problema personale del mio comandante, ten. colonnello Herbert Kappler. In quei giorni la quinta armata americana stava per sfondare a Cassino, i russi avanzavano verso la Germania. La guerra era già inesorabilmente persa. Quella sera mi chiese di accompagnarlo in albergo. Essendoci un minimo di confidenza mi permisi di chiedergli maggiori dettagli sulla questione. Mi disse che tramite l’attività di spionaggio si aveva avuto conferma che il nemico, in attesa della vittoria finale, stava tentando di fabbricare le prove di nostri crimini per mettere in piedi un giudizio spettacolare di criminalizzazione della Germania una volta sconfitta. Aveva notizie precise ed era seriamente preoccupato. Sosteneva che di questa gente non c’era da fidarsi, perché non avevano senso dell’onore né scrupoli. Allora ero giovane e non diedi il giusto peso alle sue parole, ma le cose poi di fatto andarono proprio come il generale Müller mi aveva detto. Questi sono gli uomini, i gerarchi, che secondo quanto oggi si dice avrebbero dovuto pensare e organizzare lo sterminio degli ebrei con le camere a gas! Lo considererei ridicolo, se non si trattasse di fatti tragici.
Per questo quando gli americani nel 2003 hanno aggredito l’Iraq con la scusa che possedeva “armi di distruzione di massa”, con tanto di falso giuramento di fronte al consiglio di sicurezza dell’ONU del Segretario di stato Powel, proprio loro che quelle armi erano stati gli unici a usarle in guerra, io mi sono detto: niente di nuovo!
D. Lei da cittadino tedesco sa che alcune leggi in Germania, Austria, Francia, Svizzera puniscono con il carcere chi nega I’Olocausto?
R. Sì, i poteri forti mondiali le hanno imposte e tra poco le imporranno anche in Italia. L’inganno sta proprio nel far credere alla gente che chi, per esempio, si oppone al colonialismo israeliano e al sionismo in Palestina sia antisemita; chi si permette di criticare gli ebrei sia sempre e comunque antisemita; chi osa chiedere le prove della esistenza di queste camere a gas nei campi di concentramento, è come se approvasse una idea di sterminio degli ebrei. Si tratta di una falsificazione vergognosa. Proprio queste leggi dimostrano la paura che la verità venga a galla. Ovviamente si teme che dopo la campagna propagandistica fatta di emozioni, gli storici si interroghino sulle prove, gli studiosi si rendano conto delle mistificazioni. Proprio queste leggi apriranno gli occhi a chi ancora crede nella libertà di pensiero e nella importanza della indipendenza nella ricerca storica.
Certo, per quello che ho detto posso essere incriminato, la mia situazione potrebbe addirittura ancora peggiorare ma dovevo raccontare le cose come sono realmente state, il coraggio della sincerità era un dovere nei confronti del mio Paese, un contributo nel compimento dei miei cento anni per il riscatto e la dignità del mio popolo.